Hernanes, Profeta e uomo vero: "Sono grato alla Lazio! Da grande farò l'educatore..."

09.11.2012 08:26 di  Stefano Fiori  Twitter:    vedi letture
Fonte: Stefano Fiori-Lalaziosiamonoi.it
Hernanes, Profeta e uomo vero: "Sono grato alla Lazio! Da grande farò l'educatore..."
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© foto di Federico Gaetano

Quando ieri Vladimir Petkovic lo ha fatto entrare al 67', al posto di Alvaro Gonzalez, non sono stati pochi i tifosi che hanno manifestato stupore e apprensione. Il tecnico biancoceleste ha concesso una ventina di minuti a Hernanes come sorta di sgambata. Per molti sostenitori laziali, però, il brasiliano è così importante che, prima del derby, lo conserverebbero dentro una teca di cristallo. A due giorni dalla stracittadina, il numero 8 ha rilasciato una lunga intervista al Messaggero.

PER TUTTI, IL PROFETA – Soprannominato “Pi” – abbreviazione di qualcosa che suonava come “piccolo cicciottello” - nella sua Recife, chiamato “Amò” alla romana dalla moglie Erica, per tutti Anderson Hernanes de Carvalho Viana Lima è semplicemente il Profeta:Mi piace declamare i versi della Bibbia, molti li conosco a memoria. Poi, quando con il San Paolo lottavamo per diventare campioni per la terza stagione di fila, entravo nello spogliatoio e dicevo agli altri 'ciao tricampeòn'. Vincemmo ancora e divenni il Profeta”. Entrando nello spogliatoio prima del derby, invece, la scaramanzia più assoluta vieta pronostici di ogni sorta. Ma un messaggio ai propri compagni Hernanes sente di doverlo dare:Che il fondo lo abbiamo toccato a Catania, che eravamo in alto e siamo caduti rovinosamente. Che questa è una partita diversa dalle altre ma che il passato recente, tutto quello che abbiamo fatto, è il nostro bagaglio vincente”. Non farà fatica a farsi comprendere:Glielo leggo negli occhi, la pensano già come me. L'Europa ci ha fatto vivere l'attesa con minore ansia, ora due giorni di concentrazione assoluta”.

DI MISTER IN MISTER – Per essere in grado di disinnescare il potenziale della Roma, bisognerà prendere le misure ai meccanismi offensivi della squadra di Zdenek Zeman. Hernanes mostra già di conoscerla: Ha la giusta mentalità, il calcio è attacco e spettacolo. Ma per vincere le partite e soprattutto un campionato la difesa è fondamentale”. In questi mesi, invece, il brasiliano ha avuto modo di conoscere e di apprezzare un altro tecnico, Vladimir Petkovic:Sposta sempre in alto l'asticella, ci dà obiettivi precisi. Crede in noi e nell'imporre sempre il gioco”. Con il mister di Sarajevo, il centrocampista di Recife è tornato al centro del gioco, divenendo una pedina “insostituibile” in tutti i sensi. Tutto il contrario che con Edy Reja: “ Ma non l'ho mai contestato, a volte ero solo amareggiato”. In ogni caso, l'allenatore friulano è molto diverso da Petkovic:Come impostazione sì”.

BACI CAPITOLINI  Allo stesso modo, Roma è diversa da Recife, San Paolo e da tutte le altre città brasiliane:La vivo poco, ora abito sulla Cassia e sto molto con la mia famiglia. Ma è perfetta. I tifosi sono fantastici, solo che vogliono sempre baciarti e in Brasile tra uomini non usa. Giorni fa uno mi ha spedito un bacio da lontano, io ho sorriso e lui mi ha gridato 'Però sono romanista'. Magari perché il derby era ancora lontano”.

MEGLIO IL CALCIO EUROPEO – E se ad essere diverse sono le abitudine dei due Paesi, figurarsi il calcio: in Brasileè più spontaneo, poco tatticismo, marcature più blande. In Italia e in Europa qualsiasi squadra può metterti in difficoltà con l'organizzazione. Lo preferisco, mi piace avere compiti precisi, eseguendoli tutto viene meglio, fai parte di un tutto”. Ma Hernanes si riesce a vedere, oltre che come interno, anche come potenziale sostituto di Cristian Ledesma? “In Brasile i volanti sono due: uno difende e basta, l'altro imposta. Cristian fa bene entrambe le fasi. Nella Lazio in realtà i volanti siamo tre: Ledesma, io e Gonzalez”.

L'UOMO HERNANES – Sono 27 gli anni sulla sua carta d'identità, ma la sua maturità sembra molto più avanzata. Se gli chiedi quale sia il suo miglior pregio, Hernanes ti risponde: “La determinazione, il perfezionismo. La tecnica non è un dono di Dio, con la tenacia puoi arrivare dove vuoi. Io sono destro naturale, un giorno ho deciso che volevo diventare mancino, ho preso a imitare in tutto il mio idolo giovanile, Felipe del Vasco da Gama. Ora calcio indifferentemente con i due piedi. Però scrivo con la sinistra”. Il difetto, invece, è tutto interno al campo di gioco: Anche in campo se mi metto in testa di fare un'azione voglio andare fino in fondo. Sto lavorando su questo: essere più eclettico, imprevedibile”. Per il numero 8 laziale, ogni sforzo compiuto non è fatto in vista di un ritorno economico, ma c'è di più: Ho obiettivi precisi. Conta più vincere che guadagnare. Aiutare gli altri conta ancora di più”. Concetti in controtendenza con il calcio “macchina sputa-soldi” di oggi: “Ma il calcio è il prodotto di un modo di pensare. Il calcio è uno specchio del mondo. E nel mondo ci sono ancora purtroppo i privilegiati e gli sfruttati”. Hernanes non ha problemi di ipocrisia a inserirsi nella prima categoria: “Sono un ultraprivilegiato. Cosa fare? Intanto il 10% del mio stipendio lo dono alla Chiesa Evangelica. Restituisco quello che mi hanno dato insegnandomi i valori della vita”. Valori che lui, molto probabilmente, s'impegnerà a trasmettere una volta chiuso con il calcio:Ho anche pensato di diventare un pastore evangelico, magari non sarà così ma vorrei aiutare i giovani a trovare la loro strada in tutti i campi possibili, non solo nello sport. Un educatore, ecco”. Un uomo a tutto tondo, Hernanes, che tiene dritta la barra dei suoi principi religiosi e morali. Lo scandalo calcioscommesse, allora, per lui diventa qualcosa di “impensabile, in Brasile questa piaga non esiste. Ma lo dicevo: siamo parte di questo mondo. Di certo nessuno verrà mai da me a chiedere di vendere o comprare una partita”. Allora, via anche i pensieri sulla possibile malafede degli arbitri: “In campo penso solo a quello che devo fare, sono un professionista e non posso, anzi non voglio proprio credere alla malafede. Altrimenti dovrei smettere. Vi sembrerà strano ma il fallo che ho fatto a Firenze era un’entrata di gioco, non una frustrazione per la direzione di Bergonzi”.

I SOGNI DEL PROFETA – Dopo tre anni alla Lazio, Hernanes è ormai consapevole di aver fatto la scelta giusta: “Io ho vinto in patria e poi sono andato via perché sono curioso delle altre realtà, volevo cimentarmi, non ho mai pensato che Liga o Premier fossero migliori. Tante voci ma solo la Lazio mi ha cercato seriamente e le sono grato. Se potrò vincere lo farò qui”. Mai pensato di andare via, allora?Ci sono momenti in cui tutto va storto. Ma li ho sempre superati. L'ambiente e le ambizioni del gruppo contano più di un ingaggio maggiore. Siamo un ottimo gruppo e Klose, con la sua capacità di segnare ma soprattutto di partecipare al gioco ne è l'esempio lampante. Vorrei vincere qui e guadagnarmi la nazionale. E quando mi metto in testa una cosa non penso ad altro. E' il mio lavoro”. Guadagnare la nazionale, perché è noto quale sia il vero sogno di Hernanes: I mondiali brasiliani. Ma in nazionale ci va chi vince, non solo chi gioca”. Convincere il restio ct verdeoro Mano Menezes non è un'impresa semplice, ma Hernanes ci proverà a suon di gol: “Il mio più bello? Uno recente, il secondo al Chievo”. Una rete alla Messi, o alla Ronaldinho: “Ho avuto un debole per Ronaldinho, estro puro. Non saprei giudicarlo però fuori dal campo perché non lo conosco. Messi sotto porta è più letale di Ronaldo. Ma il giocatore più completo che ho visto in carriera è Zidane”. Se gli domandi della partita indimenticabile, invece, non ha dubbi: “Il penultimo derby, vinto con Klose nel finale”. Tre gol, tutti su rigore, Hernanes è ormai un habitué dei gol dal dischetto nella stracittadina:Mettiamola così: Petkovic si fida di me. Se ce ne sarà un altro, lo tirerò ancora io”.