FOCUS - Auguri Simeone! Un futuro all'Inter e quella promessa: "Un giorno allenerò anche la Lazio"

Pubblicato ieri alle 18
29.04.2016 07:25 di  Laura Castellani   vedi letture
Fonte: Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Auguri Simeone! Un futuro all'Inter e quella promessa: "Un giorno allenerò anche la Lazio"
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Basta allungare un po’ la mano, per toccare il cielo con un dito. Non ci credete? Chiedetelo a Diego Simeone. Avrebbe da raccontarlo, il Cholo, cosa si prova se ti ritrovi a festeggiare il tuo 46esimo compleanno quando mancano tre giornate per inseguire uno scudetto e meno di una settimana, prima di compiere un viaggio a Monaco di una certa rilevanza. Sulla vetta, un soffio e si tocca la cima: in Spagna, un campionato ripreso per la coda, dopo i passi falsi dei blaugrana. Un sogno appeso a un filo, tanto più dopo la squalifica, che vedrà mister Simeone lontano dalla panchina dei madrileni fino al termine della stagione. Poi, l’Europa, una qualificazione per la finale di Champions ancora lì, che grazie a una prodezza di Saul sembra essere un po’ più vicina. E l’occasione, colta al volo nel post partita, per ammaliare una tifoseria che non ha saputo resistere, quando l’argentino scendeva in campo per non risparmiarsi mai: “Sono orgoglioso di essere qui e sono dove voglio stare, ma sono un allenatore giovane e prima o poi andrò a Milano”. Una strana puntualità, una dichiarazione che contrappone le due ex più care, al cuore di Simeone, per accendere la sfida che domenica sera si inscenerà all'Olimpico di Roma. Futuro nerazzurro? Tornano in mente quelle parole pronunciate un anno fa, sembravano una promessa. E viene da chiedersi che fine abbiano fatto. Ma soprattutto, perché sia così difficile regalare un sogno alla Lazio.

SUCCEDERA’ ANCHE ALLA LAZIO - Era lo scorso maggio, il tecnico dei colchoneros confessava un presentimento che suonava dolcissimo alle orecchie dei laziali: “Sono sicuro che un giorno allenerò la Lazio, perché così è la vita. Come mi è capitato di tornare in un club come l’Atletico Madrid, dove sono stato e ho dato l’anima per far bene. Così mi è successo e succederà anche alla Lazio”. Parole che suggeriscono un nuovo incontro, la speranza di riabbracciare un leader, un condottiero coraggioso, che già scarpini ai piedi aveva dato modo di mostrare la capacità di caricarsi una squadra sulle spalle e condurla dove non avrebbe osato. A colpi di determinazione - quando lo scudetto sembrava perdersi di vista, ci pensava Diego a ricordare agli altri l’obiettivo: “Io non sono disposto a mollare. Dobbiamo crederci tutti in questa rimonta. E chi non è disposto a crederci alzi la mano e si faccia da parte, perché il discorso-scudetto non è affatto chiuso”- di inesauribile passione e, perché no, con quel pizzico di goliardia spavalda di un cholo trapiantato a Roma, che di certe eterne rivalità ne ha subito capito il peso - se non bastasse la memoria, a cristallizzare un derby riacciuffato al volo nel 2001, le fotografie di un Simeone immortalato in posa decisamente poco ortodossa, al termine del pareggio al 90esimo di Castroman, ricordano quanto a distinguerlo dai tifosi laziali fosse solo la dote naturale del campione, non certo il cuore -.

REGALARE SOGNI - Una dichiarazione che sembrava presagire il ritorno, magari in un futuro. Ben distante, certo, ma comunque un orizzonte tutto da celebrare. Un anno dopo, prendono il posto di quel voto le reiterate strizzate d’occhio che l’ex centrocampista dirige a Milano, sponda nerazzurra. “Ma un sogno come quello di Madrid, quando ce lo regalano?”, si chiede un tifoso laziale dopo aver ammirato Diego Simeone al Calderon, instancabile, implacabile, braccia al cielo mentre fomenta squadra e pubblico rojiblanco, chiamato ad assistere e sostenere la propria squadra del cuore che si cimenta nella scrittura di un nuovo capitolo di storia. Ed eccola lì, la nostalgia per uno dei protagonisti delle pagine più gloriose e illustri del libro biancoceleste. La stessa nostalgia pronta a sostenere sogni a occhi aperti: il “come sarebbe se”. Se la Lazio aspettasse proprio il Cholo per compilare altre pagine gloriose di uno stesso volume. Poi, subito la consapevolezza di quanto l’approdo di uno come l’attuale tecnico dell’Atletico sia indicativo per misurare il grado di progettualità che una società è disposta a soddisfare. Il club capitolino, che negli ultimi anni ha preferito navigare a vista - più incline a lasciarsi trasportare dalle correnti di estemporaneità che a una pianificazione lungimirante - non incoraggia certe fantasie: un progetto che appare in perenne fase embrionale, che non sembra lasciar spazio a un allenatore maturo, vincente,  sulla vetta del calcio europeo. Di quel sogno, che rimane? L’uomo, il leader, la grinta dell’ex calciatore che torna come allenatore nello stadio che ha calpestato con i tacchetti dei propri scarpini, per condurre quei colori lì dove non avrebbero osato. E’ successo a Madrid. Succederà anche alla Lazio.