Povera Lazio: schiacciata dagli 'abusi' del potere... Un grido d'amore, un grido di LIBERTÀ

07.02.2016 09:32 di  Alessandro Zappulla   vedi letture
Povera Lazio: schiacciata dagli 'abusi' del potere... Un grido d'amore, un grido di LIBERTÀ
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Federico Gaetano

Povera patria! Schiacciata dagli abusi del potere 
di gente infame, che non sa cos'è il pudore, 
si credono potenti e gli va bene quello che fanno; 
e tutto gli appartiene. 

Era il 1991 e ad ispirare il brano più ‘politico’ di Franco Battiato fu un periodo di stragi, mafia e corruzione, che spalancò le porte a ‘Mani pulite’. Erano gli anni della lotta alla malavita infiltrata nello Stato, del vaso di Pandora scoperchiato, ma anche del forte senso di appartenenza che si identificava con chi aveva uno spiccato bisogno di libertà, soffocato dai potenti. Musica e parole che come un amaro carillon riecheggiano nel cuore di un popolo ferito. Dalla politica, alle lotte civili, dallo sport alla vita sociale, la necessità di riconquistare i propri valori si rinnova di generazione in generazione. Il dissenso urla contro la costrizione, quella che ti toglie la gioia di sentirti elemento di un progetto, parte integrante di una storia. E allora ecco che il paragone con la politica e con il Paese che fu, non inorridisce se ci permettiamo di ricondurre le note di Battiato alla S.S. Lazio. Il calcio come tessuto sociale, che va al di là dello sport. 116 anni di sfide, che fanno della vita di un club la terra promessa di un popolo. Stessi colori, medesimi vessilli, dove vivere il proprio svago, condividere lo stesso credo. Un’identità ferita, minata da una gestione, che ha allontanato gli innamorati della prima ora e disgregato quelli dell’ultima. La Lazio da quasi dodici anni soffre la dispotica gestione di un presidente che ha spento gli entusiasmi, allontanando la propria gente. Anni buttati a raccogliere i cocci di percorsi iniziati e mai ultimati. Campionati vissuti nell’attesa di un emozionante mercato, quasi regolarmente conclusosi con l’amaro in bocca. L’attenzione esasperata al bilancio quando si parla di rinforzi, puntualmente tralasciata, quando invece si tenta di argomentare i perché del mancato sponsor sulla maglia o i motivi dei finanziamenti alla ‘consorella’ Salernitana (alla quale la Lazio ha prestato oltretutto diversi giocatori). Un bilancio che tra l’altro piange miseria, visto che la semestrale si chiuderà con un passivo di ben 10 milioni di euro, cifra che probabilmente raddoppierà in negativo in estate. Questa è una società, che dopo aver consumato la benzina del suo esistere, dimenticando più volte il suo popolo, ora si è ridotta in uno stato vegetativo dove non è più concesso sognare. I debiti in questa gestione si ripagano con plusvalenze, botteghino e diritti televisivi. Oggi ridotti a zero gli introiti dello stadio e già anticipati al 2015 i diritti dell’Europa League, con l’attuale stagione fallimentare a livello sportivo, il timore di una liquidazione totale in estate, con conseguente mercato a ribasso è grosso. Cedere per risanare, sarà il motto della campagna acquisti 2016 e intanto la Lazio resta sempre più sola. A gennaio la squadra per gli infortuni e gli innesti sbagliati della sessione estiva, doveva assolutamente esser rinforzata e invece alla corte di Pioli è arrivato il solo Bisevac, out da Udine: troppo poco. Di lì in poi oltre il pareggio contro i timidi friulani, sono arrivate una sconfitta per manifesta inferiorità con il Napoli e l’ennesimo deludente pareggio contro il Genoa più scarso degli ultimi 10 anni. La Lazio sta sparendo. Scivolata nell’anonimato in classifica e abbandonata a se stessa senza alcun appiglio, ora rischia davvero il baratro. La denuncia del piattume senza precedenti, quello che non ti lascia intravedere spiragli diversi all’orizzonte, parte forte da queste colonne all’indomani di un pareggio e non di una sconfitta. Questo perché c’è la voglia di togliere ogni dubbio sul senso della critica, del tutto decontestualizzata dalla mera attualità. Premesso che a Genova la Lazio avrebbe SOLO dovuto vincere, sia per i valori in campo, che per gli obiettivi europei dichiarati, la prova agonistica della squadra non è dispiaciuta, ma per risorgere serve altro. Quest’anno è l’emblema della condizione biancoceleste: questa è la stagione del vorrei ma non posso, che ormai etichetta da anni la gestione di questo club. Lo zoccolo duro della tifoseria è già minato. Le giovani leve con l’aquila nel cuore rischiano di restare un ricordo. Eppure a Formello se la ridono o se la ‘dormono’. “Ho preso la Lazio al funerale – recitava la filastrocca del presidente Lotito nel 2004, quando prelevò la società in profonda crisi economica –  l’ho portata in condizione di coma irreversibile, spero di riuscire a renderlo reversibile, ma non è un compito semplice”. Quasi dodici anni sono passati, e almeno in questo il presidente Lotito è riuscito. La Lazio era in coma e in coma è rimasta, anche se ancora apparentemente reversibile. La sensazione adesso è che bisogna fare in fretta. Questa società è imprigionata nel limbo, vagando perennemente in attesa del suo destino. Non c’è futuro, non c’è progetto, se non quello di rimandare tutto puntualmente alla prossima stagione. Intanto radiomercato, che non spegne mai le sue antenne, mette in dubbio il destino dei pezzi importanti della rosa, pronti a fare le valigie, stanchi di navigare a vista, per tentare fortuna in altri lidi. Lo stadio è sempre più vuoto e la Lazio è rimasta sola. Questa è la triste storia di un popolo che vaga per riabbracciare la propria terra, che spera di ritrovare la propria patria, così come l’aveva costruita, difesa, coltivata, cullata per anni, per oltre un secolo.

Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.