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Lazio in America: perché il Nasdaq può essere una grande opportunità

di Alessandro Zappulla

La Lazio guarda all’America. Non come slogan, non come suggestione da titolo facile, ma come strategia strutturata. La riserva del ticker LZO al Nasdaq non è un atto simbolico né una mossa di facciata: è l’avvio di un percorso complesso, lungo, tecnico, che porterà il club biancoceleste a misurarsi con un secondo mercato finanziario, diverso per logiche, tempi e obiettivi rispetto a Piazza Affari. Il primo passaggio, quello decisivo, sarà la nomina di una società advisor indipendente, incaricata di redigere una valutazione approfondita di tutti gli asset della SS Lazio. Non solo il ramo sportivo, ma l’intero perimetro industriale del club.

Un punto va chiarito subito: la governance non cambierà. Claudio Lotito resterà saldamente al comando. Oggi detiene circa il 67% del capitale sociale (dato consolidato, poco sopra il 67,5%), mentre il restante flottante – oltre il 30% – è da anni frammentato sul mercato senza che sia mai emerso un socio forte di minoranza. La doppia quotazione non nasce per “scalare” la Lazio o aprire la porta a fondi ostili. Anzi, va letta esattamente al contrario: è una mossa difensiva e offensiva insieme, pensata per reperire capitali senza cedere il controllo.

Ed è qui che entra in gioco la vera architettura dell’operazione. La quotazione al Nasdaq non replicherà in modo speculare quella italiana. Non si tratta di duplicare le stesse azioni su un altro listino, ma di strutturare un veicolo distinto, legato a specifici asset del club. L’advisor avrà il compito di valorizzare comparti ben definiti: gli immobili, innanzitutto. Il centro sportivo di Formello, vero cuore operativo della Lazio, è un asset strategico di primissimo livello. Così come Palazzo Valenziani, acquistato anni fa e spesso dimenticato nel dibattito pubblico, ma centrale in una logica patrimoniale. A questi si aggiunge il tema dell’Academy, tornata recentemente al centro del racconto di Lotito, e non è escluso che vengano inseriti anche rami legati al marketing, al brand e ai diritti commerciali internazionali.

Da questa valutazione nascerà il prezzo di lancio delle azioni destinate al mercato americano. Tempistiche? Realisticamente non prima di 9-10 mesi. Il Nasdaq ha procedure rigorose, controlli stringenti, e richiede una trasparenza informativa che va costruita passo dopo passo. Quando il titolo LZO debutterà, lo farà attraverso una banca d’investimento statunitense, che collocherà le azioni in pacchetti destinati al pubblico retail e istituzionale, supportata da consulenti finanziari incaricati di promuovere l’investimento.

Questo passaggio è cruciale: qui entra capitale fresco. Non debito, non anticipazioni, ma equity. Benzina vera. Risorse che, una volta immesse nei conti della Lazio, potranno alimentare ciò che oggi appare frenato: mercato, infrastrutture, stadio, rafforzamento strutturale. È un cambio di paradigma rispetto alla gestione ultra-prudente degli ultimi anni. Non una rivoluzione improvvisa, ma un tentativo di rimettere il motore in pressione senza smontare il volante.

Lotito lo ha ribadito anche a Natale: “La Lazio non è scalabile”. E questa strategia va letta esattamente in quella direzione. Non cedere, non arretrare, ma competere ad armi diverse in un campionato dove i fondi esteri sono ormai la norma. Riuscirà? Nessuno può garantirlo. Il mercato americano è affascinante, ma spietato. Pretende risultati, visione, coerenza. La strada è lunga e tortuosa, ma oggi – per la prima volta dopo anni – la rotta è tracciata. E la Lazio ha deciso di provarci guardando oltre l’Atlantico, senza fare passi indietro.


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