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Le pagelle del mental coach Sandro Corapi: perfetta la Germania, lo psicologo Van Gaal e il disastro Prandelli...

di Lalaziosiamonoi Redazione
Fonte: enthusia.it

LE “MENTAL” PAGELLE – Perfetta la Germania, lo psicologo Van Gaal e il disastro Prandelli: la dimostrazione che l’”io so tutto” nel calcio non funziona

A pochi giorni dalla chiusura del Mondiale, ho deciso di stilare delle mie personali pagelle riguardo le squadre che hanno visti impegnati i ragazzi della Lazio ed Hernanes, sette campioni con i quali sono stato e sono tutt’ora in contatto. Attraverso i loro feedback e la visione degli incontri, ho analizzato i diversi approcci e comportamenti mentali tenuti durante la rassegna iridata.

GERMANIA – VOTO 9

Un voto d’obbligo per i vincitori del Mondiale. Alla guida di questa fantastica squadra troviamo un allenatore come Joachim Löw, da sempre molto attento a dinamiche motivazionali e mentali. Non a caso utilizza il metodo (usato anche dal sottoscritto in occasione della preparazione della Lazio per la finale di Coppa Italia contro la Roma) di messaggi motivazionali appesi all’interno dello spogliatoio. In più, l’allenatore ha colto un aspetto fondamentale, quello di individuare dei punti di riferimento come Klose e Schweinsteiger all’interno di uno spogliatoio giovanissimo, visto che fatta eccezione per Miro il giocatore più “anziano” aveva 28 anni. Quando ci sono queste figure all’interno di un gruppo, ne trae beneficio il resto della squadra che riesce a scaricarsi mentalmente specchiandosi nella sicurezza di questi “modelli” e aumentando di conseguenza la propria fiducia. Vorrei inoltre sottolineare un’altra importantissima mossa di Joachim Löw, messa in atto proprio durante la finale contro l’Argentina: è la mezz’ora del primo tempo, il mediano Kramer si infortuna ed è costretto a uscire. Il commissario tecnico della Germania non ci pensa due volte e manda in campo al suo posto Schürrle, un attaccante. Al di là delle questioni tecniche, questa è una mossa di elevatissima valenza motivazionale. Con questo cambio Löw ha mandato un messaggio forte e chiaro alla squadra: dobbiamo vincere.

ARGENTINA – VOTO 8

L’Argentina di Lucas Biglia è arrivata a un passo dal trionfo, ma ha comunque recitato un ruolo di protagonista in questa competizione. Come praticamente tutte le squadre sudamericane, l’Albiceleste ha dovuto fare i conti con la forte carica emotiva e lo spirito nazionalistico: sentimenti indubbiamente positivi, ma che rischiano di diventare dannosi qualora non vengano incanalati nella giusta direzione. Proprio per questo il commissario tecnico Alejandro Sabella si avvale della consulenza di uno psicologo esperto di motivazione, che ha seguito – con attività costanti – la squadra nel cammino di qualificazione e anche durante i Campionati del Mondo. Bastava vedere l’atteggiamento determinato della squadra prima dell’inizio di ogni partita per capirlo. E Sabella ha saputo anche sfruttare al meglio un preziosissimo assist fornito da uno sponsor (una nota marca produttrice di rasoi), che il giorno prima della semifinale con l’Olanda (data che oltretutto coincideva con la festa di indipendenza dell’Argentina) ha reso pubblico un video motivazionale in cui dei tifosi argentini presi a caso chiedevano ai loro eroi di trasformare in realtà il loro sogno. Missione compiuta in semifinale, sfumata per un soffio in finale. Tra le cause anche il flop del punto di riferimento per eccellenza, Messi, il giorno della finale: nel suo caso si è palesata una componente emotiva autolimitante (probabilmente dettata dalla pressione e dal carico di responsabilità) che non gli ha permesso di esprimere al massimo tutto il suo talento.

NIGERIA – VOTO 6,5

In Nigeria, come mi ha raccontato Eddy Onazi, la squadra è come se venisse scelta dagli stessi giocatori. Nel senso che la funzione principale dell’allenatore è più che altro quella di lavorare sulla motivazione, lasciando molte libertà al gruppo. Questo è un metodo studiato per responsabilizzare i calciatori, che si suddividono tra loro le pressioni riuscendo a divertirsi giocando. Attraverso queste dinamiche nella Nigeria sono riusciti a creare uno spirito di gruppo non indifferente, anche perché, nonostante tutti i giocatori siano sparpagliati in ogni parte del mondo, restano sempre in contatto tra di loro nel corso dell’anno e vivono queste competizioni come una gioia e un punto di incontro. L’allenatore lo ha capito e ha dato loro libero sfogo, riuscendo anche attraverso buone prestazioni a raggiungere gli ottavi di finale, dove sono stati costretti ad arrendersi contro la Francia.

BOSNIA – VOTO 6

Per Lulic l’anno scorso è stato ricco di soddisfazioni. Nel 2013, oltre alla storica vittoria in Coppa Italia contro la Roma, è riuscito anche a conquistare con la Bosnia la qualificazione alla Coppa del Mondo. Un traguardo storico, che già di per sé è stato motivo di grande soddisfazione per l’intero Paese. Il fattore entusiasmo, infatti, è stato determinante nell’approccio di questa nazionale al Mondiale: i giocatori hanno messo in campo orgoglio e spirito patriottico, spinti dalle frasi motivazionali – rilasciate oltretutto anche pubblicamente – del tecnico Susic: “Noi vogliamo unire il popolo: è straordinario vedere gente che proviene da etnie diverse assieme a tifare per i nostri colori. Andiamo in Brasile e facciamo bene per il nostro paese”. Strategia utilizzata magistralmente già da Nelson Mandela – da sempre un modello e punto di riferimento nella mia attività – in occasione della vittoria del Sudafrica nella Coppa del Mondo di Rugby. Per questo, nonostante l’avventura si sia conclusa già alla fase a gironi, l’intero Paese ha considerato questi giocatori come degli eroi.

URUGUAY – VOTO 6

Come l’Argentina, anche l’Uruguay di Gonzalez è stato spinto da una grande forma di spirito patriottico. Attaccamento alla maglia e spirito nazionale hanno aiutato molto questa squadra a superare (purtroppo) il girone di ferro eliminando Italia e Inghilterra. Nel loro lavoro sono stati supportati da uno psicologo che ha aiutato la squadra a curare gli aspetti mentali e la concentrazione prima di ogni partita, tentando di non far sfociare la grande carica in eccessi agonistici. Sicuramente il lavoro non ha funzionato con Suarez, un uomo (ancor prima che calciatore) caratterizzato da un’irrazionalità profonda che gli fa perdere lucidità mentale. Su questo calciatore – che è già seguito da professionisti del settore – si deve lavorare sull’inconscio, perché in alcuni momenti è come se si spegnesse l’interruttore della parte cognitiva e si accendesse quello della parte istintiva. In quel momento il corpo non risponde più alla mente, si ha un blackout mentale. A mio parere si tratta di una situazione che va trattata a livello individuale molto seriamente, a prescindere dal calcio.

BRASILE – VOTO 4,5

Doveva essere il loro Mondiale, lo volevano ardentemente. Ma è stata proprio questa stessa pressione a non permettergli di riuscire nell’impresa. Con questo non voglio dire che troppa pressione sia sempre insostenibile, ma che in questo caso è stata sbagliata la gestione delle emozioni, che devo dire avevo previsto in partenza vedendo i volti dei giocatori brasiliani mentre scendevano in campo per la gara inaugurale contro la Croazia. La partita è stata vinta, ma non in modo convincente. E quando si sente troppo la gara si perde la lucidità mentale, tattica e fisica. Se ne è accorto anche Felipe Scolari (che ha mantenuto una gestione più paternalistica che obiettiva in questa sua nuova avventura sulla panchina della Seleçao) che non a caso ha chiesto l’intervento di uno psicologo. Una figura che – come mi ha spiegato Hernanes – ha indubbiamente svolto un ottimo lavoro, ma che purtroppo per il Brasile non era indicato per questa situazione specifica. Lo psicologo può dirti cosa fare, ma solo in contesto circoscritto ad aspetti interiori; lavora più sugli aspetti emotivi che motivazionali, mentre un mental coach avrebbe potuto garantire un rendimento maggiore. Questo perché si tratta di un professionista che ha come obiettivo quello di migliorare le prestazioni del singolo o di gruppo. Un mental coach bravo e preparato, riesce ad amalgamarsi all’interno del gruppo e incide sull’atteggiamento di esso.

ITALIA – VOTO 3

Sull’Italia si deve aprire un capitolo a parte. Ho sentito dire che le colpe del flop siano della squadra, dei giocatori. Niente di più sbagliato: un disastro del genere dipende dalle gestione del gruppo e la persona alla quale bisogna imputare le responsabilità è l’allenatore Cesare Prandelli, che ha sempre rifiutato persone che lavorassero sull’attitudine mentale della Nazionale pensando di potersene occupare personalmente, errore purtroppo anche di altri tecnici. Non discuto di questioni tattiche, che sono comunque frutto di una confusione mentale, ma della mentalità non vincente che ha trasmesso alla squadra, apparsa insicura e confusa. I giocatori si identificano nel loro allenatore: se il tecnico è confuso, motivato o lucido, lo sarà di riflesso anche la squadra. In un contesto concentrato in un breve periodo di tempo come quello della Coppa del Mondo, il principale artefice di un successo o di una sconfitta è sempre l’allenatore. È stato crocifisso Balotelli, un ragazzo con un talento che pochi al mondo hanno, ma che non riesce a esprimere perché non ha ancora trovato qualcuno capace di entrare nel suo cuore e di fargli comprendere alcune dinamiche mentali per valorizzarsi come uomo e professionista. E in assenza di queste dinamiche di guida della mente, il solo talento non può bastare. Una piccola parentesi la aprirei su Candreva: so per certo che si preparava da tempo a questa competizione, che considerava come il punto più alto della sua carriera. Si è preparato fortemente per esprimere il suo talento e si è visto nella prima gara contro l’Inghilterra, quando è stato tra i migliori in campo. Si è poi sacrificato contro il Costa Rica, sebbene non fosse in perfette condizioni fisiche, ma nonostante questo, nella decisiva sfida con l’Uruguay il ct ha deciso non mandarlo in campo. Ecco un classico esempio di depotenziamento di qualità eccellenti come quelle di Antonio, risucchiate dalla pochezza del gruppo. Intesa non certo a livello di qualità dei singoli, ma dalla loro cattiva gestione dettata dal mister all’interno della squadra. Conoscendo bene Candreva, sono certo che sarebbe stato un trascinatore. Oltre a queste evidenti lacune gestionali, vorrei soffermarmi anche sulla sostituzione – proprio nella partita con l’Uruguay – nell’intervallo tra Balotelli e Parolo. Anche in questo caso non parlo di questioni tecniche, ma di dinamiche mentali: in inferiorità numerica, inserendo un centrocampista per un attaccante il messaggio che mandi alla squadra è quello di un allenatore impaurito e preoccupato dalla situazione: di riflesso, anche l’atteggiamento dei ragazzi in campo è stato il medesimo. E il risultato finale, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti.

MENZIONE SPECIALE per il tecnico dell’Olanda VAN GAAL – VOTO 7,5

Non ho avuto il piacere di collaborare con lui, ma è doveroso aggiungerlo con una menzione speciale. Quello che ha fatto nei quarti di finale contro il Costa Rica è stato davvero eccezionale: sostituire il portiere titolare Cilessen a pochi secondi dalla fine dei supplementari per fare entrare il suo vice Krul – facendolo apparire agli occhi degli avversari come un “pararigori” – è stata una mossa fantastica! Van Gaal ha capito perfettamente l’importanza del fattore psicologico all’interno di una partita di calcio, anche perché come poi si è saputo, in realtà Krul non era certo famoso per aver parato molti rigori in carriera, anzi. Questo dovrebbe essere un insegnamento per molti allenatori, che ancora non hanno ben compreso come nel calcio moderno il fattori mentali e psicologici siano sempre più determinanti. Un tecnico si deve circondare di figure professionali: come c’è il match analyst, il tattico, il preparatore atletico, anche il mental coach è essenziale. Ecco perché ho creato l’International Mental Coach Association, della quale sono presidente, e farò in modo che attraverso di essa questo vulnus nello sport italiano venga al più presto colmato. Per il bene di chi ama il calcio.


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