Lazio, Noslin si racconta: "Tanti rifiuti, è stata dura. Ma non ho mai mollato"
Non si è mai arreso, Tijjani Noslin. Il suo obiettivo sin da piccolo era quello di diventare un calciatore, e ce l'ha fatta. Ha avuto tanti momenti difficili, tra i problemi economici in famiglia al rifiuto di diverse squadre olandesi. Poi però è arrivata la svolta grazie anche a Wesley Sneijder che l'ha aiutato enormemente. Ai taccuini del De Telegraaf, in Olanda, l'attaccante della Lazio ha raccontato la sua storia dall'inizio. Di seguito le sue dichiarazioni.
"Cerco sempre di essere me stesso. Perché dovrei odiare qualcuno? Sono migliore perché ho ottenuto qualcosa come calciatore? No. Per me tutti sono uguali. Questo è quello che mi ha insegnato mia madre: tratta gli altri come vorresti essere trattato. Fa parte dell'educazione che ho ricevuto da lei. Avevo solo un sogno ed era diventare un calciatore professionista. Se vuoi raggiungere il livello più alto devi lasciarti molte cose alle spalle e, soprattutto, lavorare molto duramente. La mia mentalità è quella di non arrendersi mai. Nelle giovanili dell'Ajax ero il più basso di tutti. È stata una bella storia. Sono stato preso dall'Ajax durante i giorni dei talent. Con me però hanno commesso un errore amministrativo: io, del 1999, avevo un anno in più degli altri per la squadra in cui giocavo. Mi hanno lasciato andare, ma da lì mia madre ha contattato letteralmente tutti i club professionistici olandesi tramite e-mail. A volte mi hanno fatto fare qualche provino, ma poi la risposta era sempre la stessa ovunque: fisicamente ero troppo leggero".
"In famiglia non eravamo benestanti per gli standard olandesi. Ad esempio, prima di poter trovare una casa a prezzi accessibili a Den Bosch, abbiamo vissuto a Tiel e Tilburg. Non voglio dire che eravamo poveri, rispetto alla gente dell'Africa eravamo ricchi. Ma per gli standard olandesi non eravamo benestanti. Mia madre era sempre lì, creando sempre qualcosa con quel poco che avevamo. Ha combattuto per noi. Dopo che mi hanno mandato via dal Den Bosch e dal Twente, ho lavorato in un ristorante di sushi, al Subway e al fiorista di Aalsmeer. Avevo la sveglia alle 4 del mattino. In quei momenti ho pensato: cosa farò se la mia carriera nel calcio non dovesse andare bene? Per questo ho seguito il corso "Sport ed esercizio fisico" presso il ROC e ho fatto uno stage all'Hercules. Con il Covid, nell'estate 2020, finisco al DHSC. Non avevo mai sentito parlare del club e ci sono andato senza alcuna aspettativa. Volevo solo giocare a calcio. Alla fine ho scoperto che era il club di Wesley Sneijder, non ci credevo, pensavo fosse uno scherzo”.
"Dopo cinque partite avevo già segnato cinque gol. Sneijder disse a mia madre che voleva davvero aiutarmi. Finalmente qualcuno aveva visto qualcosa in me, questo mi ha dato molta fiducia. Proprio come Wesley, poi, anche Mounir El Hamdaoui ha creduto in me e ha iniziato ad aiutarmi. Così sono finito al Fortuna Sittard in Eredivisie. Senijder conosceva il proprietario turco e così in un colpo solo sono diventato un professionista. Ero davvero grato di poter essere un calciatore ogni giorno. Ho creduto di nuovo in me stesso. Pensavo di potercela fare. Magari non sarei finito al Real Madrid, però sentivo che potevo andare oltre, che il Fortuna Sittard non era la mia destinazione finale. Così ho firmato per l'Hellas Verona. A volte un ambiente completamente nuovo può aiutarti. E inoltre ho avuto la fortuna di aver giocato subito e tanto, il che ha accelerato il mio adattamento al calcio italiano. I gol sono arrivati automaticamente, mi ero sbloccato. Mia madre viene spesso a guardarmi, e poi cucina il cibo più buono del mondo, come sempre. Sto vivendo il mio sogno, mi sembra di giocare a 'FIFA' in tempo reale. Da niente a tanti soldi. Ma non li butto via, conosco il valore del denaro. Questa è la bellezza di ottenere qualcosa a suo tempo, ho ancora le mie abitudini del passato anche nella spesa".
Pubblicato il 10/12