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Lazio, il primo allenatore di Zaccagni: "Non ha paura di nulla! È pronto per..."

di Niccolò Di Leo

La Lazio ha scelto Mattia Zaccagni come suo nuovo leader, dopo gli addii di Immobile e Luis Alberto. È stato lui a ereditare la fascia di capitano e il numero dieci, simboli di un'investitura che si è guadagnato sul campo prima e nello spogliatoio poi. L'esterno di Cesena vuole dimostrare di esser cresciuto, di essere pronto per fare il salto tra i grandi del calcio italiano. Per raccontare la sua carriera fin dagli albori, è intervenuto ai microfoni di Radio Laziale Massimo Pavanel, l'allenatore che ai tempi della Primavera del Verona aveva deciso di puntare su di lui, dandogli l'occasione di vestire la maglia degli scaligeri

"Quando ho conosciuto Mattia era un bambino, adesso lo vedo uomo, padre, ma la stoffa si vedeva già. Quando venne a provare, io avevo la Primavera dell'Hellas, era ancora piccolino e mi ricordo che il procuratore diceva che aveva fatto dei provini con Inter e Milan e lo avevano scartato. Noi non avevamo grandi potenzialità e dovevamo essere oculati nelle scelte. Quando venne a provare avevo dei marcantoni in campo, ma quando ho visto Mattia dribblare ho detto: 'questo ragazzo qualcosa ha'. Tuttavia non lo prendemmo subito, aveva esordito nel Bellaria, andammo in ritiro l'anno dopo e ci mancava un centrocampista e allora prendemmo Zaccagni. Come è entrato ha saltato tre uomini ed è andato al tiro e allora ho detto: 'da qui non si muove'. Lui ha fatto la gavetta, non gli ha regalato niente nessuno, quando ha trovato Juric che lo ha sistemato più avanti da lì è nata la sua storia. Era intuibile a quel tempo? Direi di no, è tutto merito di Mattia".

NUOVO LEADER DELLA LAZIO - "Lui non ha mai avuto paura di rischiare, ha sempre provato a far qualcosa di più e di diverso, ha fatto un grande step a livello umano diventando papà e marito, dunque può assolvere a questa cosa. La fascia non si dà a caso. Vedo Mattia davvero pronto per una cosa del genere. Dal momento che tu metti la fascia di una società come la Lazio hai oneri ed onori, ma non può essere lasciato solo devono aiutarlo società e compagni. Doppia cifra? Io credo ci possa arrivare, lui ha fatto questo passaggio in avanti in età avanzata, lui nasce come una mezzala di attacco, poi avendo il tiro si è specializzato e affinato. Credo possa arrivare in doppia cifra poi avendo anche la personalità di battere i rigori a maggior ragione".

LAZIO-HELLAS - "Il Verona è la squadra che seguo di più, poi seguo la Lazio perché sono un simpatizzante fin da bambino, io sono un classe ‘67 e le prime partite in bianco e nero che vedevo la domenica sera era la Lazio della Banda Maestrelli e nasce da lì quell'interesse per la Lazio. Di sicuro il Verona è un cliente scomodo e Baroni lo sa. Cambiando molti giocatori a Verona ci sono sempre grandi motivazioni" - poi su Noslin - "Meglio di Baroni non lo conosce nessuno e credo che se lo ha così fortemente voluto sa il valore del giocatore. Quando entri in un meccanismo più grande come la Lazio devi dimostrare di crescere per dimostrare di meritartela e va dunque aspettato".

LA LAZIO DEL '74 - "La Lazio del ‘74 è leggenda per le figure che la popolavano, è bella e maledetta. Vado a vedere sempre cosa ha fatto al Lazio sono quelle cose che non sai spiegare, negli anni ha sempre avuto grandi giocatori: Giordano, Manfredonia, ecco Manfredonia è sempre stato un modello per me a livello di gioco. Quella Lazio ha avuto un fascino talmente particolare che resta unico ed impareggiabile, da allenatore ti affascina come Maestrelli sia riuscito ad unire tante anime così diverse. Quando si parlava di Maestrelli avevano tutti ammirazione e tu da allenatore speri sempre di avere questo rapporto con i tuoi giocatori, sono quelle doti che pochi hanno, è giusto che tecnici come lui non vengano mai dimenticati. Maestrelli ha avuto una dote unica: questa capacità di differenziare i rapporti con i giocatori è una delle doti più importanti per gli allenatori. Questa empatia pochi ce l'hanno, forse Ancelotti". 

Pubblicato il 14/09


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