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La storia di Giorgia: "Da Formia a New York nel segno della danza. E addio derby..."

di Edoardo Zeno

Da Formia a New York, dall'Italia alla Grande Mela, inseguendo i propri sogni e trasformando la propria passione in un lavoro. E' la storia di Giorgia Picano, 25 anni, studentessa e ballerina che ha lasciato la Penisola molto giovane per cercare fortuna prima in Francia e poi in America. Nata e cresciuta in provincia di Latina, oggi Giorgia si è affermata nella danza, da sempre il suo più grande interesse, il suo "primo amore" e l'attività che la fa sentire viva e felice. La ballerina italiana ci ha raccontato la sua storia in esclusiva ai nostri microfoni: "All’età di 4 anni era arrivato anche per me il momento di scegliere che sport praticare. Decisi di fare una lezione di prova in una scuola di danza. Lì ho conosciuto il primo amore della mia vita. Prendevo lezioni e partecipavo a stage. Un giorno la mia insegnante mi comunica che ero stata selezionata per andare a studiare all’Opera di Roma., davvero una gran bella occasione. Ma io avevo solo nove anni e non mi sentivo pronta per un passo del genere. Così rifiutai".

Ti sei mai pentita di questa scelta?
"Onestamente no, se avessi accettato magari oggi non sarei qui. Ho però fatto si che quell’evento fosse per me una fonte nuova di energia e motivazione per cercare di dare sempre il meglio di me e di migliorarmi costantemente. Ho continuato a studiare danza classica e ho iniziato a provare anche stage di stili diversi. La svolta è arrivata con la borsa di studio all'"Atzewi Dance School”. È stato in quel momento che ho davvero compreso l'importanza di allargare i miei orizzonti e sperimentare nuove discipline. Iniziai così a studiare Jazz e subito me ne innamorai".

Quando hai capito che la danza poteva trasformarsi da passione a lavoro?
"Quando mi chiedevano cosa volessi fare da grande, rispondevo sempre la ballerina. Pian piano ho fatto si che quel sogno diventasse realtà. Ho avuto concretamente la conferma di essere sulla strada giusta quando sono stata presa nell’AEDJ Group, compagnia con cui ho lavorato per quattro anni. Si tratta di una compagnia con sede a Nizza composta da ballerini italiani che ogni estate si riuniscono in Francia per un periodo di formazione e per preparare uno spettacolo che verrà portato in tournée in tutta Italia. Il direttore, Serge Alzetta, da subito mi ha offerto di lavorare nella sua compagnia francese di jazz “Cie Ballet Serge Alzetta”. Così dopo il liceo mi sono trasferita in Francia".

Com'è stata l'esperienza lavorativa francese?
"Ci ho vissuto e lavorato per due anni, per poi tornarvi saltuariamente per alcuni spettacoli. Sono stati anni stupendi, sono cresciuta tantissimo umanamente e artisticamente. Ho calcato palcoscenici importanti e imparato tanto del mio mestiere e per questo sarò sempre infinitamente grata ai miei maestri Serge Alzetta e Genevieve Blanchard w alle loro assistenti che mi hanno insegnato tanto, dandomi la possibilità fin dal primo giorno di essere a tutti gli effetti una ballerina professionista. Contemporaneamente al lavoro in compagnia ho anche continuato la mia formazione nella loro scuola e preparato due esami che mi qualificano come insegnate".

Cosa ti ha spinto a lasciare la Francia per gli USA?
"Studiando la storia della danza jazz, qualcosa dall’altra parte dell’oceano ha iniziato ad incuriosirmi. Dentro di me mi dicevo che dovevo andare a vedere con i miei occhi il posto in cui era nato lo stile che tanto amavo, il jazz. Sono istintiva e mi piacciono le sfide. ho deciso di buttarmi e di provare l’audizione per la prima scuola di moderno al mondo, “The Ailey School”. Tutto è andato per il verso giusto e ad agosto del 2019 mi sono trasferita a New York. Sono partita con l’idea di studiare li per un anno e tornare in Italia, ma ho capito subito che c’era troppo da imparare e da scoprire e un anno non sarebbe mai stato abbastanza. Dopo altri due anni all’Ailey con tanto di borsa di studio e laurea, ho deciso di fermarmi nella Grande Mela per riprendere a lavorare. Ad oggi lavoro sette giorni a settimana e il tempo non è mai abbastanza per fare tutto".

E cosa fai di preciso?
"Sto insegnando danza in diverse scuole a bambini dai 18 mesi ai 14 anni. Do lezioni private a bambini e adulti, sono assistente all’Ailey e sto ovviamente continuando a studiare per assicurarmi di poter offrire ai miei alunni la miglior formazione possibile. Ho avuto l’opportunità di continuare a fare quello che più mi fa battere il cuore. Sto collaborando anche con diverse compagnie, tra cui Incanto Productions, Hanna Q Dance Company, Benjamin Briones Ballet, SLD Theater, TMDAS. Ho avuto l’onore di partecipare a spettacoli importanti come “Table of Silence”, una performance definita dalla coreografa Jacquile Buglisi un rituale per la pace, in commemorazione del tragico evento della caduta delle Torri Gemelle. Ho anche potuto presentare il mio primo lavoro da coreografa qui in America curando la parte coreografica di un musical educativo off-Broadway. È stata un’esperienza stupenda e non vedo l’ora di ripeterla nella primavera del 2024 quando partirà la nostra prossima produzione".

Cosa ti aspetti ancora dalla tua carriera americana?
"Ho tantissima fame, voglio ballare, voglio godermi quanti più palchi possibile, l’energia del pubblico, l’emozione che solo chi fa questo mestiere ha il privilegio di provare ogni volta che il sipario si apre e le luci si accendono. Voglio ballare le cose che mi fanno sentire bene e voglio continuare a sfidare me stessa cimentandomi in stili che mi fanno uscire fuori dalla mia comfort zone. Voglio dare spazio alla creatività e magari realizzare altri spettacoli. E poi voglio poter condividere con le future generazioni di ballerini i preziosissimi insegnamenti ricevuti dai miei maestri…e dalla vita".

Quali differenze hai trovato dall'Europa all'America?
"Questi quattro anni a New York sono stati anni importanti. Una città come New York ti cambia e, a mio parere, sta a te scegliere se farti cambiare in meglio o in peggio. Oltre alla crescita e al cambiamento personale e umano, dal punto di vista artistico mi ha fatto aprire gli occhi su tante cose. L’America è un mondo completamente diverso rispetto all’Europa. Qui il livello è altissimo perché si investe tanto nella formazione dei ballerini fin dalla più tenera età, e soprattutto qui si da grande valore alle arti dello spettacolo e agli artisti viene riconosciuto il loro ruolo di lavoratori nella società. La competizione è molto forte e ha un sapore diverso. Ma volere è potere. Penso che se credi fermamente nei tuoi sogni e sei disposta a fare sacrifici, prima o poi l’universo ti ripagherà di tutto".

E il calcio? Avrai notato sicuramente differenza tra l'Italia e l'America?
"Devo ammettere che non ne capisco molto. Lasciamo perdere l'aspetto tecnico. Sono nata e cresciuta in una famiglia romanista: da papà ai nonni passando per mio fratello e i miei cugini. Ma allo stesso tempo ho tantissimi amici laziali sfegatati. Diciamo che sono stata sempre accompagnata da questa aria di derby che nella Capitale conosciamo bene. Ovviamente negli USA non è così. Oltre a essere a un livello più basso, non c'è questa rivalità nel calcio. Non so se considerarlo un aspetto positivo o negativo. Diciamo entrambi. Sicuramente l'arrivo in America di Messi è stata una bella spinta sotto questo punto di vista, anche se il calcio non è tra gli sport più seguiti. Le squadre italiane più conosciute qui sono Juventus, Inter e Milan, sia per il blasone sia perché spesso danno vita a iniziative sul suolo americano". 


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