Il calcio riparte, ma fotografi e giornalisti sono a rischio: i dettagli
Fonte: Antoniomaria Pietoso - Lalaziosiamonoi.it
“C’è una data per la ripartenza della Serie A, ora governo e Federcalcio devono predisporre un protocollo per la libera stampa. Non ci si dica che negli stadi vuoti possono mancare gli spazi per il distanziamento dei giornalisti e per trovare collocazioni adeguate a fotografi e telecineoperatori. Se verranno confermate le aperture annunciate nei prossimi giorni, non ci saranno ragioni per limitare la presenza di chi fa informazione e porta a tutti un racconto plurale". Questo il comunicato firmato da Carlo Verna e Guido D’Ubaldo, rispettivamente presidente e segretario del Consiglio dell’Ordine dei Giornalisti. La notizia tanto attesa è, infatti, arrivata: il calcio ripartirà. Prima la Coppa Italia, poi il campionato per provare a chiudere le 127 gare che mancano entro il 2 agosto. Tutti contenti? Non proprio perché il rigido protocollo limiterà a 300 le persone all'interno di ogni singolo stadio.
IL PROTOCOLLO - Il documento approvato, sul modello di quello tedesco (scritto in Germania a inizio aprile nel mezzo della pandemia), prevede un totale di 300 persone in ogni impianto. Oltre ai 22 calciatori titolari, alle 24 riserve, ai 4 ufficiali di gara e ai 3 addetti al Var – gli ingredienti base – saranno 30 gli altri ammessi in panchina e ancora 6 raccattapalle, 4 match analyst, 12 delegati di entrambe le società (8 per quella ospitante). Per il personale medico 12 persone, 6 per i servizi di pulizia, 45 addetti alla sicurezza, 2 delegati della Lega Calcio e altrettanti responsabili per l’antidoping, 23 operatori tecnici. Per quello che riguarda i media saranno 65 gli addetti alla produzione tv e 20 i licenziatari, rimarrebbero così solo 20 posti da dividere equamente tra giornalisti e fotografi di bordo campo. Per quello che riguarda gli ultimi saranno ammessi d'obbligo quelli ufficiali delle due società, quello della lega e i 7 restanti saranno quelli delle agenzie internazionali.
PROTESTA - Facendo i calcoli resterebbero fuori circa 200 giornalisti e una cinquantina di fotografi rispetto alla normalità (prendendo in esame una partita di cartello con il tutto esaurito e il pienone anche nel settore stampa e informazione). Numeri importanti, ma soprattutto persone che sarebbero impossibilitati a fare il proprio lavoro. Famiglie che, dopo tre mesi di stop, rischiano di non poter finalmente ripartire e tornare a rivedere la luce. Giornalisti e fotografi negli anni hanno raccontato e mostrato tante parti del calcio. Hanno catturato, immortalato e raccontato le gesta dei campioni. Hanno permesso ai tifosi di guardare, leggere e condividere sfaccettature che da casa sono impercettibili. Il coronavirus non è stato sconfitto, ma si deve provare a convivere con questa malattia. Vista la riapertura delle regioni e di altre attività, si potrebbe pensare, almeno nella prima fase, di allargare un po' la cinghia e aumentare i numeri delle due categorie per permettere a tutti di svolgere il proprio lavoro. Perché, come troppo spesso non si capisce, grazie ai 22 ragazzi in pantaloncini che corrono dietro a un pallone ci sono tante tante famiglie che mangiano e vivono. Il calcio riparte, speriamo possano farlo anche loro.
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