ESCLUSIVA - Il ricordo di Fish: "Porto la Lazio nel cuore! Ho imparato poco l'italiano, l'insegnante era troppo bella..."
Fonte: Davide Capogrossi- Lalaziosiamonoi.it
Una partita a golf, una corsa in bicicletta con i colleghi di lavoro della Insight Outdoor, azienda specializzata in comunicazione e pubblicità outdoor, appunto. Chissà se i nuovi compagni d’avventura in giacca e cravatta lo chiamano ancora The Big Fish, soprannome storico. Mark Fish si è allontanato dal mondo del calcio: “Qui da noi c’è troppa politica”. Una situazione intollerabile per un bianco nato povero nel Sudafrica dell’apartheid, cresciuto nel mito di Mandela e di Che Guevara. E’ stato sempre un ribelle, nell’accezione positiva del termine, in campo e fuori. Ecco perché stonava l’accusa di razzismo mossa dalla ex moglie Loui Visser (ai ferri corti per divergenze sul mantenimento) qualche tempo fa, per presunti maltrattamenti nei confronti della servitù. Mark Fish si è schierato contro ogni forma di apartheid, bianco cresciuto in mezzo ai neri, autentico eroe nella vittoria dei Bafana-bafana della Coppa d’Africa 1996. Vincenzo D’Ippolito, storico agente di Ledesma, lo consigliò al ds biancoceleste Nello Governato che lo strappò agli Orlando Pirates a fronte di un esborso intorno ai 2.5 miliardi di lire. Era la Lazio di Zeman, una squadra in costruzione e con tanto talento. Fish collezionò 15 presenze ed un gol contro l’Hellas Verona, prima di salutare direzione Premier League. Sparito dal radar, una buona carriera tra Bolton e Charlton prima di rientrare in patria. La redazione di Lalaziosiamonoi.it ha rintracciato Mark Fish per una lunga intervista a 360° intrisa di amarcord, presente e propositi per un calcio migliore.
Buongiorno Mark, partiamo dal presente. So che hai acquistato una splendida fattoria in Sudafrica, continui a batterti per un calcio più pulito e sei stato anche accostato alla gloriosa panchina dei Bafana-bafana…“Dopo esser tornato in Sudafrica, ho vissuto bei momenti seguendo la Coppa del Mondo organizzata in casa nostra, che fu eccezionale. Non ho mai avuto intenzione di allenare la nostra Nazionale né qualsiasi altra squadra in Sudafrica, perché qui da noi c’è troppa politica nel calcio”.
Che ricordi conservi dell’esperienza biancoceleste? “Mi è piaciuto molto essere alla Lazio, fu un passo importante per me, sono passato dagli Orlando Pirates in Sudafrica dove ci allenavamo tre volte a settimana alla Lazio, dove ci allenavamo per contro due volte al giorno con l’ostacolo della lingua. La Lazio mi assegnò un tutor per imparare l’italiano, ma era talmente bella che non riuscivo a concentrarmi durante le mie lezioni (ride, ndr). I tifosi sono stati grandiosi con me e lo stesso vale per la società, e anche se il mio soggiorno in Italia non è stato abbastanza lungo ciò che ho imparato in quella stagione mi ha reso un difensore migliore, come non avrei potuto fare da nessun altra parte. Sono molto soddisfatto per il periodo trascorso lì e sono grato a tutti i giocatori che mi hanno aiutato”.
Vincenzo D’Ippolito curò il tuo passaggio alla Lazio e ha raccontato di recente i dettagli di quella trattativa portata avanti con il presidente degli Orlando Pirates al cospetto di una roulette. Confermi? “Purtroppo la mia esperienza con gli agenti coinvolti non fu buona ma sono certo che la trattativa non fu mai conclusa in un casinò poiché il Dr Khoza (presidente degli Orlando Pirates, ndr) non è un giocatore d’azzardo e non l’avrebbero mai potuto vedere in un casinò, quindi questa versione della storia non è assolutamente vera”.
Quali erano le tue aspettative e le sue sensazioni all’inizio di quell’avventura? “Mi era stato riferito da Marcel Desailly, Abedi Pelè e dal grande George Weah di andarci cauto con le persone, ma ero lì per imparare e fare esperienza. Mi è piaciuto stare a Roma per giocare con la Lazio, avrei soltanto voluto essere più coinvolto o giocare di più ed è per questo che ho lasciato per la Premier League”
In Sudafrica eri un eroe, avevi appena conquistato la Coppa d’Africa, ma giunto in Italia ti sei confrontato con una realtà completamente diversa. Quali furono gli ostacoli? “L’unico ostacolo fu la lingua, ma cosa si poteva desiderare di più da giovane? Possedevo un attico con vista panoramica su Roma, giocavo per la Lazio e imparavo a difendere in Italia, che è rinomata per aver avuto i migliori difensori del mondo mai prodotti…”
Il meglio e il peggio della tua esperienza laziale “I derby della Capitale hanno rappresentato la miglior esperienza vissuta, l’aspetto peggiore invece è dato dal fatto che non sono rimasto più tempo in Italia…amo il vostro Paese!”
Chi è stato il giocatore che ti ha impressionato di più in Italia? “Adoravo guardare George Weah giocare quando ero lì, ma alla Lazio mi sono goduto Alessandro Nesta perché ho visto come si è evoluto per diventare uno dei migliori difensori al mondo”
Non hai mai nascosto le tue simpatie per rivoluzionari come Mandela e Che Guevara, ti sei schierato apertamente contro l’apartheid. I tifosi della Lazio vengono spesso additati come razzisti e violenti, hai mai riscontrato problemi in tal senso? “Non ho mai sperimentato personalmente esperienze di questo tipo, ma se esiste ancora il razzismo nel calcio in quest’epoca è una vergogna, ho scoperto queste voci sui tifosi laziali solo dopo che andai via ma non ho mai notato cose del genere, anche perché quando gioco a calcio mi focalizzo solo sul campo, su me stesso, sui miei compagni e la squadra per la quale sto giocando. I giocatori dovrebbero lottare per i propri diritti di giocatori ed esseri umani. Ho accolto favorevolmente il passo mosso dalla Uefa, come si può incitare un calciatore quando segna e poi insultarlo (letteralmente boo him, ndr) o emettere suoni animaleschi quando sbaglia? Nel calcio e nel mondo, noi siamo tutti di un solo colore, non importa il nostro passato, presente o futuro!”
Ti capita di seguire il nostro campionato? “Sì, penso che la Serie A si sia rinforzata nuovamente dopo aver attraversato un periodo di crisi per un po’ di tempo, è grandioso vedere squadre italiane competere nuovamente ad alti livelli in Europa!”
In un’intervista rivelasti di non sapere chi fosse Claudio Lotito, hai spesso ricoperto di complimenti Francesco Totti. Come pensi di farti perdonare dal popolo biancoceleste? “Sono un Laziale e conservo talmente la Lazio nel mio cuore che ammirare un giocatore di un’altra squadra non significa che io tifi per quella squadra. Forza Lazio!”
Ti rivedremo in Italia, magari sulla panchina della Lazio? “Posso immaginarmi un ritorno in vacanza, magari per portare i miei figli ad una partita della Lazio…”
Un saluto ai tuoi ex tifosi “Forza Lazio, grazie per i bei momenti vissuti insieme, consiglierò ad ogni sudafricano, se valido, di trasferirsi alla Lazio”.