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ESCLUSIVA - Amarildo: "La mia Lazio tra fede, gol e una scommessa con Calleri... E quella testata a Manfredonia..."

di Davide Capogrossi
Fonte: Davide Capogrossi - Lalaziosiamonoi.it

In Curva Nord ci sono alcune pratiche consolidate, riti di giubilo che si rinnovano da decenni. Quando la Lazio vince, quando il Popolo Laziale esporta il tifo in giro per l’Europa, si intona un coro magico: Ruben Sosa, Pedro Troglio e Amarildo, stelle di fine anni Ottanta, vengono acclamati dai più giovani e dai più esperti. Una melodia mix di lazialità e goliardia, tramandata di padre in figlio. Ruben Sosa e Pedro Troglio in questi anni hanno più volte commentato questo simpatico coro, con estrema soddisfazione, comunicando il proprio legame al mondo biancoceleste. Il terzo protagonista del coro, il centravanti brasiliano Amarildo, è letteralmente sparito nel nulla. Nessuna intervista rilasciata ai media italiani dalla sua dipartita nel 1990. Che fine ha fatto? Abbiamo indagato, scoprendo che il bomber acquistato da Calleri dal Celta Vigo nella seconda annata in A della sua Lazio (1989/90), gestisce una scuola calcio a Jardim Lago, stato di San Paolo. La redazione di Lalaziosiamonoi.it è riuscita a contattare in esclusiva proprio Amarildo, per un’intervista che ha toccato diversi argomenti: dalla fede in Cristo alla scommessa con Calleri, fino agli inediti retroscena della presunta testata (con espulsione) che stese Manfredonia nel derby del 19 novembre 1989, terminato poi sull’1-1.

Signor Amarildo, i Laziali hanno perso le sue tracce da due decenni, cosa fa Amarildo oggi?Sono 16 anni che svolgo questo lavoro di formazione dei giovani nelle scuole calcio, sotto il profilo professionale e sociale. Abbiamo lanciato tanti giovani in Brasile. Sono anche un direttore sportivo, lo scorso anno ho lavorato al Central, in Pernambuco, ora invece mi sto concentrando sulla formazione dei giovani”.

Prima delle partite lei regalava una Bibbia ad un avversario fornita da un pastore evangelico con base a Roma. Ci spiega il significato di quel gesto?Sono stato il primo giocatore cristiano protestante a venire a Roma nel 1989, io predicavo la mia fede. Noi necessitiamo di un qualcosa di più oltre l’aspetto professionistico, e questo qualcosa è Gesù Cristo. Questo messaggio che ho trasmesso, di atleta di Dio, in quel tempo ha creato a Roma molto rumore, perché si predicava un’altra religione. Io credevo che Dio facesse parte della mia vita, la famiglia in secondo piano, nel terzo il calcio. Dopo tre anni in Italia sono ritornato in Spagna, al Logrones. Dopo tanti anni ho ricevuto una lettera di un giocatore che ha aderito all’associazione Atleti di Cristo. Era un ragazzino degli Allievi della Lazio quando arrivai a Roma, gli regalai una Bibbia e non lo ha mai dimenticato”.

Nel libro “Forza per Vivere” troviamo la sua testimonianza di fede. Ha raccontato di esser stato vicino alla morte, poi ha conosciuto Dio e Gesù…  “Io nasco in una famiglia cristiana, mio padre era un pastore della Chiesa Evagelica. Quando avevo 12 anni lui è morto, io ho cominciato a giocare a calcio. Quando sono andato al Botafogo, a Rio de Janeiro ho trovato una situazione molto difficile, mi sono ritrovato in una città di mare senza conoscere nessuno. Una volta sono entrato in acqua, mi sono allontanato molto dalla spiaggia, ho esclamato a Dio di avere misericordia di me. Una persona mi ha salvato, mi ha riportato sulla riva, una ragazza mi chiese cosa fosse successo. Io stavo morendo affogato, ho cercato di ricordare di quella persona che mi ha aiutato senza alcun mezzo. Dopo questo fatto ho accettato il Signore nel mio cuore, e ho iniziato a predicare la sua Parola nel calcio"

Il calcio moderno si allontana sempre più dai principi morali che dovrebbero contrassegnare questo sport. Business incontrollato, calcio scommesse, doping, violenza sugli spalti. Abbiamo imboccato un tunnel senza via d’uscita?Non è una questione che riguarda solo il calcio, ma la situazione politica del mondo. E’ un periodo di crisi, è difficile accettare che la morale stia latitando, il fattore della fede è una situazione molto personale e crea una discussione con sé stessi. Senza Dio non possiamo fare nulla, la questione della mancanza di morale nel calcio necessita di  rivedere il contesto politico di questo sport. La fede può aiutare tanto queste persone”.

La Curva Nord spesso intona il celebre coro che vede protagonista lei, insieme agli altri sudamericani Sosa e TroglioPer me è un motivo di grande soddisfazione, la stagione nella Lazio ha cambiato la mia vita. Dopo tanti anni i tifosi continuano a cantare questo coro, un mio amico ha assistito ad una partita della Lazio due anni fa e mi ha detto questa cosa, i tifosi fanno festa e intonano il mio nome. Io feci una scommessa con il presidente Calleri. Lui mi disse: “Amarildo, se fai 11 gol tra campionato e Coppa Italia, possiamo rinnovare il contratto", poi però arrivò Riedle che prese il mio posto e ci fu la proposta per andare al Cesena. Quando oggi i tifosi cantano questo coro (lo intona con discreto ritmo, ndr) è una grande soddisfazione perché significa che ho lasciato il segno”.

Rimase in biancoceleste per una sola stagione, nonostante le buone prestazioni e l’annata esaltante al Celta Vigo. Rimpianti?Non penso di aver rimpianti, non penso a quel che avrei potuto fare di differente. Per me è stato tutto come Dio voleva, non ero un giocatore molto conosciuto nel panorama mondiale, non avevo giocato in Nazionale, ma provenivo dal Celta Vigo come terzo capocannoniere del campionato spagnolo. La Lazio era reduce dagli anni della B, non era una squadra molto conosciuta come oggi anche in Brasile. Arrivai con Sosa e Troglio in un’epoca in cui la Lazio aveva conquistato la salvezza e mi aveva messo sotto contratto. Dopo quell’anno lì ha cambiato molte cose, sono arrivati più soldi e diversi campioni, dirigenti più prestigiosi. Oggi in Brasile tutti conoscono la Lazio, io grazie a questa squadra sono diventato un giocatore celebre anche nel mio Paese”.

Amarildo si è reso spesso protagonista di gesti significativi. Dopo le partite si raccoglieva in preghiera, il regalo delle Bibbie. Poi in quel maledetto 19 novembre ci fu la testata rifilata a Manfredonia nel derby. Ci spiega cosa è successo?Me la ricordo molto bene quell’espulsione nel derby. Alla vigilia regalai una Bibbia al capitano della Roma Tempestilli, si parlava di pace e di tranquillità per un derby sereno. Poi è iniziata la partita, avevo Manfredonia in marcatura su di me. Mi sussurrava all’orecchio che io non ero un atleta di Dio, che io avevo un altro Dio. MI sono innervosito, mi dava cazzotti sulla testa, io ho perso la ragione e ho fatto un movimento con la testa ma non l’ho colpito, si è gettato a terra ed è successo quello che sapete. Nel calcio i difensori mi provocavano sempre, io non tollerai le sue frasi sul mio Dio. Quando finì la partita andai a casa, dopo tre quattro settimane lo incontrai, abbiamo chiarito anche se è una cosa che mi ha fatto male”.

Ha mantenuto contatti con qualche ex compagno di quella Lazio? “Sono andato a trovare Troglio in Argentina con la sua famiglia. In tv spesso rivedo alcuni personaggi che stavano in quella Lazio, come il team manager Manzini, (entusiasta per la straordinaria longevità del tm, ndr) alcuni massaggiatori. E’ stata una bella esperienza, ancora oggi mio figlio(ne ha quattro in totale, tutti di nazionalità diversa, ndr) ha 16 anni, vede i gol della Lazio e si incanta davanti a queste partite”.

Le capita di seguire la Lazio? Cosa pensa della squadra di Petkovic? La seguo ogni tanto, ha alcuni giocatori brasiliani come Hernanes e Dias. Stanno giocando bene, oggi è molto più conosciuta rispetto all’epoca mia, quando si conoscevano più che altro la Juventus, il Milan, l’Inter. Oggi in Brasile è una potenza, mi piace questa squadra e nutro una grande stima nei confronti della società".

Il brasiliano Hernanes è la stella indiscussa della Lazio. Anche lui trae forza dalla fede, si rivede nelle gesta del Profeta?E’ un altro giocatore come Lucio, Taffarel e molti altri, che parla di Dio. Qui in Brasile non è conosciuto molto come atleta cristiano, ma più per le sue qualità”.

La Lazio ha puntato Felipe Anderson, stellina del Santos. Pensa sia pronto per il grande salto?Non è semplice, spesso si parla di giocatori con ottime potenzialità, ma quando vanno in Italia tornano subito perché non si sono adattati. Lui ha l’opportunità di giocare in Italia e fare bene perché è un ragazzo giovane ed ha tutte le carte in regola per imporsi nel calcio italiano”.

Ha progettato un ritorno nella Capitale? Ho molta voglia di tornare a Roma. Non credo quest’anno, poiché qui in Brasile c’è molto lavoro da fare tra Confederations Cup e Mondiale, mi piacerebbe rivedere tutti quanti, assistere ad una partita all’Olimpico".

Un saluto ai tifosi biancocelestiVoglio ringraziare tutti quanti per avermi reso felice con la mia famiglia nel tempo che ho trascorso a Roma. Ringrazio tutti i tifosi per quel famoso coro che intonavano in quella stagione, e che continua a risuonare in curva ancora oggi. Un saluto a tutti, che Dio vi benedica. Spero che la Lazio nella prossima stagione disputi un grande campionato, e riesca a centrare un piazzamento in Champions League”.


Il coro dei laziali a Stoccarda


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