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L'ANGOLO TATTICO - Le misure prese alla Vecchia Signora: la Juve si affronta con le sue stesse armi

di Stefano Fiori
Fonte: Stefano Fiori - Lalaziosiamonoi.it

Stavolta sì, Stefano Pioli ha capito fino in fondo come prendere le misure alla Juventus. Due sconfitte in campionato, elementi per migliorare ce n'erano in abbondanza. Il tecnico emiliano ha messo da parte i princìpi cardine su cui aveva plasmato fin qui la Lazio. Né 4-3-3 né tantomeno 4-2-3-1: difesa a tre, mai utilizzata dal primo minuto in questa stagione. Un flashback tattico, quello vissuto dal mister di Parma, tornato a uno dei moduli più cari ai tempi di Bologna (e non solo). Con il terzetto di retroguardia aveva chiuso la gara con la Sampdoria, con lo stesso assetto ha scelto di affrontare i campioni d'Italia. Formalmente 3-4-3, per larghi tratti più simile a un 3-4-2-1, l'inedito scacchiere ha dato modo ai biancocelesti di opporsi in maniera quasi speculare al 3-5-2 bianconero. Come a dire: la Vecchia Signora si fronteggia ricorrendo alle sue stesse armi. Ritmi subito altissimi, un gol per parte dopo appena 11 minuti: le due squadre più in forma del calcio italiano non hanno risparmiato emozioni e carica agonistica agli spettatori. A suon di pressing e di maglie serrate, i due schieramenti si sono andati annullando per tutto il match. I supplementari sono giunti come un'appendice necessaria per una sfida in costante equilibrio. Con la retroguardia a tre e i due esterni - Basta e Lulic - a dare man forte, i capitolini hanno retto bene l'onda d'urto juventina. Qualche ruggine inevitabile nel far scattare la trappola del fuorigioco, qualche errore di troppo in fase di impostazione: per il resto, la linea Maginot biancoceleste si è dimostrata decisamente affidabile. Almeno quanto quella messa in campo da Allegri. Contro il muro formato da Barzagli, Bonucci, Chiellini e dagli uomini di centrocampo, gli spazi di manovra per la Lazio erano ridotti al minimo. Candreva ha provato a sfruttare le ripartenze, Felipe Anderson si è acceso solo in poche circostanze. Parolo ha ridotto la sua portata d'inserimento, per non lasciare il solo Cataldi a fare da diga sulla mediana. Poche allora le occasioni nitide per entrambe le formazioni, fino ai due episodi che hanno deciso la partita: prima il doppio palo di Djordjevic, poi la rete vittoria di Matri. Solo lì, esclusivamente lì si concentra la rottura dell'equilibrio che avrebbe altrimenti condotto le due squadre ai calci di rigore. Per il resto, Pioli può gonfiare il petto: la sua Lazio si è giocata la Coppa Italia senza nulla da invidiare alla più forte d'Italia e alla finalista di Champions League. Anche questo sarà un mattone fondamentale su cui poter edificare la mentalità vincente del prossimo futuro.


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