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L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Verona - Senza Giroud, il rischio è la sartoria

di Francesco Mattogno

Con ago e filo, cercando di prendere le misure a questa Lazio. Hanno iniziato a giocare così le avversarie dei biancocelesti, almeno nei principi di distruzione di gioco. L'Olimpico sembra una sartoria: Roma, Spal e Verona. Pressing alto e uno contro uno è la bibbia dell'anti-Lazio perfetta. L'obiettivo è sfilacciare le trame della squadra di Inzaghi, scombinarne meccanismi e movimenti difensivi. L'Hellas ci riesce per 20 minuti buoni. Un deja vu dal cui loop la Lazio sembra non poter uscire, deve sudare. Il 3-4-3 di Juric è un tessuto di alta qualità, che però crea allergia e orticaria ai ragazzi vestiti di biancoceleste. Faraoni e Lazovic - i due esterni - sono vere e proprie ali offensive, altro che terzini. Si appoggiano a Borini e Zaccagni, spesso più trequartisti che attaccanti esterni, in continua interconnessione con Verre falso nove. Che tra ricordi (“Ventisei euro per vedere Verre, ma chi è Verre?”, cit.) e simpatia, suscita pure qualche fastidio ad Acerbi&Co.

FERMI TUTTI - Questa volta, però, il giochino si rompe subito. Pizzicata, la Lazio reagisce. Inventa. Fermi tutti: è tornato il Mago in città. Il Verona allenta la presa e questo incoraggia i biancocelesti a mordere, ma non è facile. Luis Alberto si prende sulle spalle i compagni, ci prova, Gatto Silvestri e il palo gli dicono troppe volte di no. Nota di merito per Patric: prezioso. È anche la qualità di questo spagnolo a impedire all'Hellas di resistere per più di 20/25 minuti. Palla al piede Gabarròn offre supporto a Lazzari e Milinkovic (non in gran giornata, ndr), e quando i gialloblu attaccano è sempre attento in ripiegamento. Intelligente, una manna sul piano tattico. Già, il piano. Ne servirebbe uno di riserva. Perché attenti e intelligenti sono anche i tre centrali di Juric, a chiusura ermetica. Difficile scardinarli, lo dimostra la serata no della coppia Immobile-Caicedo. Presi singolarmente i due dispensano la solita prestazione - solita quindi più che positiva -, ma non si trovano mai. Non c'è sintonia. Kumbulla, Rrhamani e Gunter spezzano il feeling, si mettono a turno tra Ciro&Felipe come in un triangolo amoroso: per vie centrali non si passa.

ALTERNATIVE? - Se nel primo spezzone di gara Faraoni e Lazovic avevano il compito di mettere in apprensione la retroguardia di Inzaghi, tutto cambia quando esce la Lazio. Diventano difensori aggiunti, impediscono a Lulic e Lazzari di sfondare con facilità sulla fascia. È soprattutto il capitano a soffrire, poco in palla. Sull'altro lato l'ex Spal accetta il duello, più volte lo vince, ma non incide. Non a caso il mister, osservando quel deserto comunemente chiamato panchina, decide di tornare ai vecchi fasti. Come due anni fa: in lavanderia gli esterni usati, dentro quelli freschi. Per modo di dire. Marusic non giocava dal 30 ottobre, e si vede, Jony si fa notare più per un paio di diagonali difensive promettenti (un bel passo in avanti) che per i suoi soliti cross. Di fatto la Lazio vive solo dei lampi di Luis Alberto, che ci prova fino all'ultimo. E il mancato colpo Giroud pesa se Inzaghi pensa, ci ripensa, si contorce, decide e poi tentenna, e alla fine prova a vincere la partita inserendo Parolo per Caicedo. Avere come unica alternativa offensiva l'avanzamento di Luis Alberto o Milinkovic non può essere la soluzione, ma disperazione. Serve stringere i denti, aspettare Cataldi e Correa. Le avversarie stanno provando a convincere la Lazio, a portarla con l'inganno in sartoria: "No, grazie, resistiamo". Il vestito è corto ma è vietato farsi prendere le misure.

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