L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Lecce - Gemelli diversi
Così diverse eppure così simili. Lazio e Lecce sono creature figlie di allenatori nati nella stessa epoca, anzi, nello stesso anno e stesso mese. Doveva respirarsi un'aria di calcio spumeggiante, coraggioso, eccentrico, tra i corridoi ospedalieri dell'aprile '76. Due vite separate da ventiquattro giorni incrociatisi negli anni di Lazio e poi via, ognuno per la propria strada. Ognuno con i propri mezzi. Ma la filosofia è la stessa ed è per questo che all'Olimpico si traduce in un 4-2 spettacolare. Giusto partire da Liverani, costretto a combattere con qualche assenza e con un avversario di gran lunga più blasonato. Ma il Lecce si è dimostrata squadra operaia e di qualità, compatta e libera di esprimersi. Ne sanno qualcosa Juventus e Milan che, lette dal punto di vista dei pugliesi, equivalgono a due punti d'oro in ottica salvezza. All'Olimpico la storia non cambia, nel pianeta Lecce vige il pensiero unico. Dopo un paio di tentativi di 4-3-3, la squadra si è stabilizzata da qualche giornata con quel 4-3-1-2 in cui i singoli non spiccano. Davanti Babacar, per quanto si completi alla perfezione con Lapadula, fa un po' rimpiangere Falco: più rapido, più tecnico, più da contropiede. Più da Lazio - Lecce insomma. Mentre Mancosu riscoperto trequartista funziona a tratti, quelli che fanno impallidire diverse volte Inzaghi nella prima mezzora.
PING PONG - Un ping pong, tennistavolo per i patrioti. In ogni caso la palla rimbalza da una parte all'altra del campo seguendo sempre la stessa trama, come un cinepanettone. La Lazio attacca, fa quello che vuole fino all'area di rigore. Un fraseggio continuo fatto di colpi di tacco, passaggi filtranti, imbucate. Poi sulla fascia, poi di nuovo indietro. Poi semplicemente non c'è spazio, perché in fase difensiva i giallorossi si piazzano tutti all'interno degli ultimi 16 metri. I terzini stringono, e i tre di centrocampo (più Babacar, che in fase difensiva corre in soccorso dei suoi per aggiungere muscoli) si abbassano fino al limite dell'area. Dunque i biancocelesti spesso rimbalzano e, sbilanciati, soffrono tanto le ripartenze del Lecce. È qui che entra in gioco Mancosu, servito dalle mezzali e regista offensivo una volta per lo scatto di Lapadula, una volta per le sponde di Babacar. Ma c'è anche il rovescio della medaglia. La grande compattezza della squadra di Liverani permette alla Lazio di attaccare con tutti gli uomini in ampiezza, sfruttando tanto i cross (quello di Acerbi per Milinkovic confezionerà il 2-1) e mettendo in apprensione la retroguardia pugliese praticamente in ogni occasione. Spazi stretti o meno, se Luis Alberto, Correa, Milinkovic e Immobile passano venticinque minuti su trenta in area di rigore prima poi il gol arriva. E infatti.
SPETTACOLO - Ma il Lecce ha fede nel suo credo e non si scompone. Anzi, lo svantaggio fa sì che le idee offensive del tecnico romano vengano messe in pratica con maggiore veemenza. Che la difesa dei biancocelesti sia ballerina ci può stare (“Creiamo tanto ma concediamo molto, è il nostro modo di giocare”, Inzaghi docet), ma di fatto ciò rende un po' telefonato prima il pari e poi il quasi gol del vantaggio di Babacar, negato solo da un super Strakosha (domenica 8 parate per lui, il dato più alto in una sola partita nelle ultime due stagioni ndr). È bello, però, vedere come funzioni alla perfezione un altro aspetto iperoffensivo della gara, questa volta targato Lazio. Il tecnico piacentino piazza per la prima volta in campionato Acerbi sul centrosinistra, a cui aggiunge Patric sul centrodestra. Due terzini aggiunti in supporto della manovra, abili in costruzione, decisivi da una parte e dall'altra: Ace per il nuovo vantaggio, lo spagnolo per salvarlo solo due minuti più tardi. Poi succede di tutto. Il Lecce sciupa il pareggio dagli 11 metri e non appena si lascia andare all'arrembaggio subisce l'imbarcata. Alla fine i giallorossi quasi sfiorano il 4-3, ma che partita. Vince Inzaghi. Vince la Lazio. Vincerà forse anche Liverani un giorno. I presupposti perché faccia carriera ci sono, si vedrà. Intanto all'Olimpico ci si è goduti lo show dei gemelli diversi della panchina.
SCARPA D'ORO, LA CLASSIFICA COMPLETA
Pubblicato il giorno 11/11/19 alle ore 9:00