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L'ANGOLO TATTICO di Lazio - Celtic - Gli stessi errori: lo stesso risultato

di Francesco Mattogno

È un'equazione semplice che nella testa di questa Lazio pare proprio che non voglia entrare. Un saggio una volta disse, forse proprio analizzando le gesta di un gruppo di calciatori in maglia biancoceleste: “La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi”. Nel caso di Strakosha e compagni, catechizzati dal mister, la follia risiede nel cercare di uscire palla a terra dalla difesa anche se in evidente apnea, pressati alla morte da un Celtic che ha quel qualcosa in più. Quello che è mancato alla Lazio nel doppio confronto. E una, e due, e tre, la frittata è fatta. Alla terza palla sanguinosa regalata agli scozzesi Forrest non perdona e firma il suicidio biancoceleste, un film già visto. Ma i presagi di sventura iniziano ad aleggiare minacciosi sopra le teste dei ragazzi di Inzaghi a pochi istanti dal gol del vantaggio. L'approccio alla partita è fantastico, difficile definirlo in alto modo, anche perché risulterà illusorio. Lazio altissima, determinata, ambiziosa. Vuole l'1-0 e lo trova, la chiave è tutta lì. Il Celtic è stranamente impaurito, lo si evince dall'assetto scelto da Lennon: 5-3-2 (spesso 5-4-1 nei primissimi minuti), squadra bassissima, atteggiamento remissivo. L'unico merito degli scozzesi è quello di crederci sempre, come all'andata. E come all'andata alla fine il tabellino recita 2-1 per gli Hoops. Che hai combinato cara Lazio?

PERCHÉ? - È un quesito ricorrente, sono tanti i “perché?” dei tifosi laziali. La rubrica vuole che si parli di tattica, scelte e strategie di gioco. Gli aspetti mentali verranno analizzati in altre sedi. Allora è lecito domandarsi perché il giocatore più in forma di questa squadra - dopo Re Ciro - se ne stia seduto in panchina per quasi un'ora. Inzaghi disegna la sua Lazio a immagine e somiglianza di quella dell'andata, Immobile per Correa è l'unica variante. La difesa si ripropone simile quella collaudata nel secondo tempo contro il Rennes, con Vavro centrale e Acerbi spostato sul centrosinistra, e con Luiz Felipe che si riprende il posto da titolare. Mentre a centrocampo il mister preferisce puntare sui muscoli: fuori Luis Alberto, dunque, dentro Parolo. Con Leiva a fare gli straordinari e Milinkovic ad alzare il tasso tecnico. Scelta dettata anche dall'esterno sinistro titolare, meno propenso alla fase difensiva: Lulic aveva bisogno di rifiatare, chance allora per Jony. Davanti Caicedo sta male, è un fantasma, ma finché la Lazio gira a mille (per poco, in realtà) la sua assenza non pesa più di tanto. I problemi nascono quando i biancocelesti provano ad abbassare i ritmi. Senza la carica agonistica dei primi minuti, e provando a costruire con calma dal basso, la squadra palesa la propria totale mancanza di idee. Luis Alberto cercasi. Acerbi si reinventa regista confezionando un paio di lanci lunghi, poca cosa, e i tanti, continui, folli errori in uscita stuzzicano il can che dorme. Qui gira la partita.

DEJA VU - Il Celtic si accorge delle difficoltà della squadra di Inzaghi e accelera, lanciandosi alla confusa ricerca del pareggio. Non fa altro la squadra di Lennon. Non ha grandi idee, né una benché minima parvenza di gioco. Semplicemente aggredisce. Corre. Pressa. Il tabellino scrive “Forrest” ma quello della Lazio è un autogol. La conferma arriva dalla reazione al pari scozzese, con tre limpide palle gol in una sola azione che trascinano sul fondo con loro sfortuna e rimpianti. Roba da mangiarsi le mani. Comunque i Celts dominano, mettendo in difficoltà i biancocelesti anche solo lanciando lungo per il loro singolo riferimento offensivo, un nome già sentito: Odsonne Edouard. Il copione non cambia fino all'ingresso del ragazzo con la numero 10. Manca mezzora, ma è troppo tardi. L'inerzia dell'incontro è girata, la palla di entrare proprio non vuole saperne. Deja vu dal Celtic Park. La Lazio spreca troppo e Inzaghi si gioca la carta della disperazione all'82': fuori Vavro, dentro Berisha. I biancocelesti si ridisegnano con un 4-3-1-2 (Lazzari e Lulic terzini, Milinkovic e Berisha mezzali, Luis Alberto dietro le punte) che, proprio sfruttando un inserimento perfetto del kosovaro, rischia di far esplodere di gioia i 20 mila laziali dell'Olimpico. Ma Forster è ipnotico e Berisha risulterà decisivo in negativo, a esultare saranno gli altri 9 mila. Troppo facile, però, prendersela con l'ex Salisburgo. La Lazio delude nei suoi titolari, eccezion fatta per il capocannoniere della Serie A e il Mago di San Siro, e in una particolare scelta del suo allenatore. Gli stessi errori, la stessa gestione folle del vantaggio. Lo stesso risultato di Ferrara, Cluj e del Celtic Park.

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