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L'ANGOLO TATTICO di Fiorentina - Lazio - Una vittoria di carattere: ma è solo il primo round

di Francesco Mattogno

Due squadre a specchio, due momenti agli antipodi. Fiorentina - Lazio era la partita della verità. Un tiro da tre punti allo scadere, e questa volta la rete ha fatto “ciof”. Non era una sfida facile da preparare per Inzaghi che per l'occasione schiera l'11 titolare, salvo un'eccezione: fuori Luiz Felipe, parso in confusione nelle ultime uscite, dentro un Patric in fiducia e molto positivo. Il cambio non varia troppo l'assetto. Il brasiliano da centrale di destra è cresciuto molto, ha imparato a sovrapporsi e a inserirsi senza palla per supportare la manovra offensiva. Per Patric, da buon terzino reinventato centrale, fare lo stesso è pane quotidiano. Il resto è storia nota, con l'inserimento di Luis Alberto (quarto in Italia per metri guadagnati palla al piede a partita, 119.90 ndr) a innescare sapientemente ogni azione offensiva. Quello che in certi momenti è mancato nella frenesia del Celtic Park. Montella risponde con il suo, di Luis Alberto: Gaetano Castrovilli. Centrocampista classe '97 e vera rivoluzione dell'inizio di campionato dei viola. È lui, schierato mezzala sinistra come il suo “omonimo” biancoceleste, a sfruttare le proprie doti nel dribbling (è il migliore in Serie A nel saltare l'uomo ndr) per creare superiorità numerica e innescare i due falsi attaccanti, Chiesa e Ribery. E infatti i primi due gol della sfida sono identici se analizzati ai raggi x.

LE ANALOGIE - Luis Alberto ruba palla, avanza e poi scarica per Immobile, fantastico nel servire alla perfezione Correa. L'argentino fa il resto: 1-0. Passa qualche istante e la Fiorentina esce in contropiede. Badelj va subito da Castrovilli che porta palla fino alla trequarti avversaria, scarica su Ribery - che è Ribery - abile nello stretto e nel trovare Chiesa coi tempi giusti: 1-1. Al di là dell'errore in marcatura di tutto il reparto arretrato (sia Patric che Acerbi e Radu hanno le loro colpe sul gol subito, a Inzaghi il compito di spartire al meglio le %), le due reti evidenziano le similitudini tra i due sistemi di gioco. Come Immobile e Correa, seppur con caratteristiche diverse, Chiesa e Ribery sono mobili e non danno punti di riferimento alla retroguardia laziale. Che, a dir la verità, oltre al pareggio concede ben poco. Stesso concetto valido anche per Pulgar, alter ego per fisicità e tecnica di Milinkovic (sottinteso: con diversi milioni nel curriculum di differenza), e Leiva reinterpretato da Badelj, che un po' di scuola in questo assetto l'aveva fatta proprio all'ombra del Colosseo.

LE DIVERSITÀ - Le differenze stanno tutte nell'atteggiamento e nei cambi. La Fiorentina è una squadra giovane, inesperta, salvo qualche elemento di spessore. La Lazio è l'opposto e forse per la prima volta in stagione è stata in grado di dimostrarlo. Non ha mollato mentalmente - non è mai stato un problema fisico - e ha aumentato i giri del motore con il passare dei minuti, facendo sua la partita. L'ingresso di Parolo per uno spento Milinkovic alza il livello di agonismo in mezzo al campo, con il mantra che diventa "rottura e ripartenze", sfruttando Lazzari e Lukaku sulle fasce. Ed è proprio sul lato del belga che si decide la sfida. Montella è coraggioso ma avventato, toglie un terzino (Lirola) per un'ala d'attacco (Sottil) che non può reggere l'urto e i duelli fisici con Jordan. È una battaglia persa in partenza. Così nasce il gol vittoria, grazie a un intervento al limite di Lukaku proprio sul giovane e gracile esterno viola. La Lazio ha vinto d'esperienza, atteggiamento e personalità. La Lazio ha vinto perché lo ha voluto, ed era questo il limite da superare per diventare una grande. Il tempo c'è, nulla è perduto. Ma il calendario chiama e la viola è stata solo il primo avversario ostico di una lunga serie da mandare al tappeto. Torino, Milan, Celtic, Lecce: l'obbligo, adesso, è vincere con continuità.

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