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Lazio, Romagnoli e il piacere dell’attesa. E quel numero 13…

di Simone Locusta

La vita è fatta di conti alla rovescia. C’è un famoso detto che recita “l’attesa del piacere è essa stessa il piacere”, nel calcio però è un po’ più complicato. È bella l’attesa di una vittoria, quei secondi di recupero che sfociano nel boato del fischio finale. Lo è un po’ meno quando persiste un periodo difficile, lì si può dire che il piacere si prova quando l’attesa finalmente finisce. Forse è un po’ quello che ha provato Alessio Romagnoli in queste ultime settimane: dall’inferno al paradiso, il difensore biancoceleste si è ripreso in mano la sua Lazio a suon di prestazioni convincenti.


L’imperativo era rinascere dopo tanti alti e bassi. Al secondo anno di Sarri e al primo con l’aquila sul petto, culminato con il raggiungimento del secondo posto, Romagnoli ha vissuto uno degli anni migliori in carriera a livello di prestazioni. Con Casale o Patric al suo fianco formava una diga, il punto forte di quella Lazio. Poi le cose si sono complicate, tra meccanismi sfaldati, l’addio di Sarri e l’arrivo di Tudor. I mesi antecedenti all’arrivo di Baroni sono stati infuocati e il tema all’ordine del giorno verteva sulla ribellione di un gruppo viziato. La narrazione ha salvato poche anime, tra queste c’era Romagnoli che si espresse così sui social dopo l’addio di mister Sarri: “Ti sarò sempre grato per tutto quello che hai fatto per me, per tutto ciò che mi hai insegnato, per quanto tu abbia significato. Come ti dissi, ho sempre ammirato le tue idee e se sono arrivato qui in parte lo devo a te. Peccato non sia durato abbastanza da poterci divertire ancora, insieme. Grazie MAESTRO”.


Da bunker difensivo a punto debole, la difesa è diventata uno dei problemi della Lazio della passata stagione. Inevitabilmente un leader come Romagnoli è finito sul banco degli imputati complici prestazioni molto meno brillanti del passato. Anche l’avvio di stagione non è stato in linea con le attese, ma il numero 13 ha esperienza e voglia per mettersi alle spalle tutto. Romagnoli è un figlio di Roma e laziale dalla nascita, eppure è finito nel mirino degli haters. Alessio, però, le critiche se le fa scivolare addosso e nonostante tutto non ha mai pensato di lasciare la baracca: “Non mi interessa, non le guardo. Sta a me dimostrare sul campo. Se non fossi felice andrei via, non ho chiesto la cessione. Mi sono sorpreso anch’io di aver letto certe cose, mi sento centrale nel progetto Lazio”, si era espresso così il difensore durante la conferenza stampa post Lazio – Cagliari. Effettivamente è poi sul campo che ha dimostrato il suo valore ed è da lì che è partita la rinascita di Alessio Romagnoli. Già con il Cagliari, ma soprattutto a Monza, il difensore biancoceleste ha sfornato una prestazione migliore dell’altra, tanto da ricevere voti maggiori rispetto a tutta la difesa sulle pagelle dei quotidiani. Per quello che vale, è chiaro, ma è un aspetto che avvalora e conferma la sua ripresa. Chissà che poi molto non dipenda dalla presenza di Mario Gila, giocatore in rampa di lancio e che sulla scena ruba molto di più l’occhio, con la sua abilità di avanzare palla al piede e la sua esplosività. In mezzo anche la prova da big contro il Porto condita dal primo gol europeo con la maglia della Lazio


Adesso Romagnoli è tornato a essere al centro del villaggio, perno di una difesa che migliora di partita in partita come reparto. Sembra ieri quando i tifosi impazzivano sui social per il suo possibile ingaggio a zero, ma l’attesa più invasiva era la sua. Ha contato gli anni, i mesi e i giorni, ma poi ha finito per indossare da grande la maglia con cui sognava di giocare da bambino. In quel caso anche l’attesa del piacere è stata sì bella, ma l’annuncio ancora di più. Il tifoso necessitava della storia di un difensore, laziale, che ereditasse quel numero. Il ruolo di Romagnoli, in questo periodo storico della Lazio, era contribuire all’accrescimento dell’amore per la Lazio. Ci sono storie controverse, fatte di addii o tradimenti, ma un bambino questo non lo sa. Infatti, il sogno di ogni bambino è guardarsi allo specchio e immedesimarsi, un domani, come un giocatore della propria squadra del cuore. Magari sognando di fare come Romagnoli e indossare quella maglia, con quel numero. Come Nesta prima di lui. Un numero che pesa come un macigno, ma che Alessio porta con rispetto e impegno sulle spalle. L’ultimo Romagnoli, guardandosi davanti allo specchio, forse vedeva un’altra persona. Oggi è tornato al centro del progetto agli occhi dei tifosi e con la fiducia della propria gente, si sa, si può fare sempre di più.


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