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Lazio, Castellanos e il rifiuto del River: quanti 'no' prima di sbocciare

di Niccolò Di Leo

Sta vivendo il miglior momento della sua carriera. Il rigore sbagliato contro l'Empoli è una macchietta impercettibile in un inizio di stagione formidabile, tra l'altro prontamente cancellata dal preciso assist per il super gol di Pedro. Valentìn Castellanos ha allontanato le critiche. Tutte le polemiche e i dubbi che erano sorti intorno alla sua figura sono state spazzate via da un impatto impressionante con il calcio 'baroniano'. Via la pesante eredità di Immobile - per lui maestro e non problema - ha potuto scaricare tutte le pressioni che aveva sulle spalle e ricominciare da zero come titolare della Lazio. Le difficoltà, d'altronde, sono una costante della vita del Taty. Fin da quando era un piccolo e talentuoso attaccante, i 'no' hanno caratterizzato la sua carriera. Una testimonianza la riporta la Gazzetta dello Sport nell'articolo a firma di Francesco Pietrella, capace nell'abbinare le parole di chi l'ha vissuto, con i fatti diventati ormai storia, rimasti nel passato come basi del carattere e della personalità che oggi contraddistingue Castellanos.

IL 'NO' DEL RIVER - Il racconto inizia dalla sua adolescenza, quando Valentìn non era altro che un talentuoso sedicenne con il gol nel sangue e la voglia di provare a ritagliarsi uno spazio nella squadra dei suoi sogni, il River Plate. La possibilità gli si presentò anche grazie all'aiuto di un "angelo custode". Il Taty mise da parte la sua spavalderia e passo lento e silenzioso si recò dall'allenatore del Club Leonardo Murialdo, squadra di Mendoza in cui giocava: "Dovrei assentarmi per 48 ore, ma le prometto di tornare in tempo per la partita di domenica", disse e promise stando a quanto scritto dalla rosea. Così facendo, un sabato di ottobre inizia il suo viaggio lungo quasi mille chilometri per raggiungere Buenos Aires. Tutto sembra più grande, più importante e affascinante, ma la realtà gli si presenta davanti come un boia con l'ascia: "È troppo magro" è la risposta dei dirigenti dei Millionarios che cinici decidono di voltargli le spalle, senza prendere in considerazione le indiscusse qualità tecniche. Castellanos sale di nuovo in macchina, per lui ci sono altri mille chilometri da fare, ma questa volta senza neanche aprir bocca. La gioia e l'entusiasmo avevano fatto spazio all'amarezza e alla delusione, sentimenti che col tempo ha imparato a usare per fortificare il suo spirito. 

IL RACCONTO DELL'EX D.S. - Al rientro la mamma Marilù e il direttore sportivo del Murialdo lo riaccolgono a braccia aperte. Quest'ultimo, che lo ha sempre chiamato e continua a chiamarlo 'el flaquito' ('il magrolino'), per le sue caratteristiche fisiche, ha raccontato alla Gazzetta dello Sport: "Quando lo vedo segnare con lo scavetto o colpire il pallone con la rabona, ricordo sempre il ragazzino che tornò affranto da qual viaggio a Buenos Aires e poi giocò con noi. Il bello è che l’allenatore aveva dei dubbi sul lasciarlo andare, ma per me non ci fu discussione" racconta, emozionato nel vederlo esultare con la maglia della Lazio: "Fisicamente si è sviluppato tardi. Al River, prima di mandarlo in campo, gli controllarono la massa muscolare, il peso e quant’altro, ma la tecnica l’ha sempre avuta. Ricordo ancora il giorno del debutto a Murialdo: entrò nella ripresa, aveva 15 anni e si piazzò in avanti di fronte a due centraloni di trent’anni. Non ha mai avuto paura". 

L'EX ALLENATORE, TONI TORRES - Nella sua partita d'esordio a dargli fiducia fu Toni Torres, l'allenatore che presto diventerà suo mentore e che ai microfoni della rosea ha raccontato: "Da adolescente era molto lezioso, si intestardiva con colpi di tacco e pallonetti, ma lo spronavo a continuare. Uno con quella tecnica non va limitato. E dopo i primi gol alzai il telefono…". Proprio grazie a Toni Torres il Taty ebbe l'occasione di conoscere Diego Rivarola, ex attaccante dell’Universidad de Chile che gli regalò la sua prima occasione nel professionismo. Ancora una volta Torres sottolinea: "Fu la sua fortuna. Soprattutto dopo i rifiuti di River e Lanus. Ricordo un ragazzo alto, magro magro, leggero. Un fuscello con due orecchini di brillanti grossi così. Ogni tanto lo facevo giocare come fantasista. Ha sempre avuto un'eleganza da vendere. Gli ripetevo di non pensare ai soldi, alle donne e alle distrazioni, ma di concentrarsi sul gioco. Ero sicuro che sarebbe arrivato. Taty gioca come vive, d’istinto e senza pressione. Solo per lo spettacolo. Quando lo vedi ti colpiscono il taglio di capelli o i tatuaggi, ma è una persona molto umile legata alla famiglia e agli amici. Il faro resta sua madre, insegnante della scuola Thomas Edison nel dipartimento di Guaymallén". 

IL PRIMO ALLENATORE - Se Toni Torres fu uno dei più importanti tecnici della sua carriera, almeno giovanile, una menzione a parte la merita il primo: Raul Espinosa, che lo fece crescere nel settore giovanile del Banco Nacion de Mendoza. Espinosa aalla Gazzetta dello Sport, oltre ad aver offerto un esclusivo filmato di uno dei primi dribbling mai effettuati dal Taty, ha raccontato: "Mi sono ricordato di quando fu intervistato a dieci anni. L’ho allenato per un paio di stagioni e non c’era modo di fermarlo. Il video risale alla Diario Uno Cup, un torneo trasmesso in televisione dove lui fu capocannoniere. Aveva i capelli lunghi scuri, due occhi vispi da chi cammina sognando e una grande tecnica. Merito del futsal, ha iniziato lì, e già all’epoca raggiungeva tutte le finali. I portieri se la passavano male quando c’era lui. Mi viene in mente un torneo a Mar de la Plata deciso da un suo gol… di rabona. Come quelle che prova alla Lazio. Ha sempre amato il rischio. In un’altra partita calciò al volo da trenta metri alzandosi il pallone da solo. Dritto all’angolino". Per arrivare fin lì, però, Castellanos la gavetta l'ha dovuta fare per davvero. Si è girato il Sud America, poi gli USA prima dell'approdo al Girona e infine alla Lazio, un cammino lungo e tortuoso che lo ha formato come giocatore e come uomo: "Prima di segnare quattro gol al Real Madrid ha girato parecchio: Chile, Uruguay, Stati Uniti. A New York è diventato un bomber. La Lazio lo renderà un fenomeno". 

IDOLO DI MENDOZA - Oggi quel ragazzo di 16 anni rifiutato River Plate e Lanus è idolo della città di Mendoza. I bambini crescono con il suo nome dietro le spalle e la sua convocazione con l'Argentina, come sottolinea la Gazzetta dello Sport, è  stato motivo di grande orgoglio nella sua città. Tutti erano in festa, un primo Natale di gioia e felicità: l'esordio di Castellanos, di quel ragazzo in cui hanno creduto in pochi, ma probabilmente le persone giuste. 


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