Lazio | Guendouzi, il talento ribelle: “Ma guai a chiamarmi bad boy”
Fonte: Elena Bravetti - Lalaziosiamonoi.it
Immaginatevi la scena. Un giovanissimo Matteo Guendouzi - diciannovenne, per dirla tutta - si presenta a colazione nel centro sportivo del Lorient con la maglia... dell'Ajaccio. Il motivo? La prima, forse, di un'infinita serie di bravate che, insieme a classe e dinamismo, l'hanno contraddistinto in carriera. Il giorno precedente la sua squadra aveva perso un match importante per il quale lui non era stato neanche convocato. Così il gesto plateale, tanto per far vedere a tutti la propria indignazione. Via la maglia del Lorient, ecco la divisa dell'Ajaccio, avversario di quella partita. L'allenatore dell'epoca, Mickael Landreau non la digerì, decise di lasciarlo in tribuna anche la gara seguente. Poi, la svolta: lo lancia titolare nelle successive 8. E quel ragazzo, sì ribelle, si prende la scena. Non per un litigio o una brutta risposta al tecnico: giocò divinamente, trascinando i francesi a un passo dalla promozione. Il resto? È storia.
Sogno e incubo degli allenatori. Un litigio, Guendouzi, lo ebbe anche con Tudor quando l'ex Udinese guidava il Marsiglia. Lo scontro tra i due - come raccontò L'Equipe - avvenne nell'intervallo dell'amichevole giocata contro il Milan. Toni accesi, addirittura rumors relativi a una panchina piuttosto "traballante", ma poi in conferenza l'attestato di stima. Dopo la lite, sì, che tanto il talento mica puoi nasconderlo. "È un giocatore fantastico, con molto carattere. È normale voler giocare ed essere frustrato, amo questo personaggio". Il classe '99 fu anche tra i protagonisti della rissa che si scatenò in occasione della sfida tra Nizza e Marsiglia: una bottiglietta colpisce Payet alla schiena, si scatena il caos che si conclude con le foto di Luan Peres e dello stesso Guendouzi con dei segni sul collo, affinché fosse ben visibile il trattamento riservato loro dai tifosi.
E ancora, gli scambi d'insulti con Van Aanholt per un calcio di rigore richiesto in Galatasaray-Marsiglia. Come dimenticare il fermo immagine che vede il centrocampista prendere per il collo l'avversario Neal Maupay del Brighton. Dietro al gesto apparentemente folle, la difesa di un compagno, infortunatosi pesantemente dopo un'entrata durissima dello stesso Maupay. Leno si accascia a terra, viene soccorso con tanto di ossigeno, si riprende ma viene trasportato in barella fuori dal campo. Viene fuori un parapiglia, con Maupay, autore anche del gol che decide quella sfida, accusato di aver fatto male di proposito al portiere: Guendouzi non la digerisce e, al fischio finale, sa già con chi prendersela. E poi il litigio con Dan Gosling del Bournemouth: prima commette fallo, poi si porta via il pallone, fa in modo che l'avversario perda la testa, viene rincorso, si gira e lo butta per terra. Facile, no?
Un carattere prorompente e un po' folle, che lo portò a festeggiare insieme ai tifosi per le vie di Londra il derby del Nord vinto contro il Tottenham. Stringe i pugni, digrigna i denti. Bravate, liti, placcaggi da football americano e una personalità strabordante che si sente in ogni momento del match. Che può far danni ma che, se ben utilizzata, può rivelarsi un'arma straordinaria. E mi raccomando, non chiamatelo bad boy. "Non lo sono, anzi. Penso però che per aver successo, devi avere una forte personalità. Ci sono tanti giocatori molto bravi. Alcuni ottimi. Non tutti, però, sono riusciti a diventare professionisti. Senza il mio temperamento, non sarei chi sono". Parola di Matteo. E se lo dice lui, chi ha il coraggio di dargli torto?