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Il post-derby, le coscienze degli ipocriti e temi delicati che diventano armi...

di Lalaziosiamonoi Redazione
Fonte: Lalaziosiamonoi.it

Nietzsche, in un breve passaggio di “Umano troppo umano”, sosteneva che il non parlar mai di sé rappresentasse una forma molto raffinata di ipocrisia. Il filosofo tedesco, che alcuni ignoranti hanno associato poi al nazismo, non poteva riferirsi al contesto romano (e non solo) del nostro secolo, ma ha espresso un concetto che può diventare attinente con quanto ascoltiamo e leggiamo in queste ore. L’ipocrisia impera, si annida in quel grado di falsità che chiamiamo “coscienza pulita” e che invece è più torbida di quanto si immagini. Le ore successive al derby hanno portato con sé indignazione e sdegno per una maglia indossata da un singolo (l’aggettivo trovatelo voi) e per dei cori che hanno coinvolto la Nord. Giusto rimarcare come una maglia che faccia riferimento al nazismo sia nauseante e deplorevole, corretto sottolineare come certi cori andrebbero evitati per ragioni d’opportunità e di civiltà. La Lazio ha emesso un comunicato, ha preso le distanze da certi comportamenti e ha ribadito l’estraneità del club e della maggior parte della tifoseria rispetto a razzismo e antisemitismo.

COSCIENZE E IPOCRISIA - Temi delicati, seri, che andrebbero affrontati con argomenti e interlocutori di alto livello. E invece s’è assistito per l’ennesima volta al tiro a bersaglio verso una tifoseria, generalizzando e contribuendo a creare uno stereotipo vergognoso, quello del laziale razzista. Come se antisemitismo e razzismo fossero mali che riguardino solo un segmento di collettività, quello che tifa Lazio. Immuni tutti gli altri. E così i laziali vengono giudicati, ancora una volta, da chi è convinto di poterlo fare, poiché a posto con la propria coscienza. Ma se quella coscienza fosse pulita, oggi queste righe non esisterebbero. E invece chi oggi contribuisce alla creazione dello stereotipo anti-laziale s’è costruito una prigione d’ipocrisia nella quale vive e prospera, convinto di poter alzare la mano e giudicare, persuaso di poter scagliare la prima pietra. Sepolcri imbiancati che dovrebbero guardarsi allo specchio e chiedersi se le sbarre della loro prigione d’ipocrisia possano finalmente essere allargate. Perché per ora sono strette e di luce ne entra poca.

DUE PESI E DUE MISURE - E così gli ipocriti si alzano e giudicano gli ululati a Umtiti (vergognosi), ma sorvolano su quelli a Moise Kean, quando mezzo stadio, in Roma-Juve, ha accompagnato con questo vile sottofondo l’uscita dal campo del giovane attaccante. L’ipocrita twitta per la maglia di un cretino, ma viene colpito da amnesia quando diversi quartieri di Roma vengono tappezzati da figurine raffiguranti Hitler con la maglia giallorossa. Ha dominato il silenzio anche quando, a Reggio Emilia, durante Sassuolo-Roma, pochi giorni dopo il derby d’andata, una bandiera biancazzurra con disegnato un ratto, viene sormontata da un vessillo arcobaleno e la scritta “SS Lazio Lgbt”. Motivo? Sui social, in quelle ore, girava una foto che ritraeva due ragazzi laziali, allo stadio, che sembravano baciarsi dopo la vittoria nella stracittadina. Avete sentito qualcuno preparare interrogazioni parlamentari? No? Nemmeno quando, per Roma-Real Sociedad, sui cancelli d’ingresso della curva nord sono stati affissi adesivi di stampo omofobo? No, non li avete sentiti, perché nessuno ne ha parlato. Gli ipocriti hanno voltato lo sguardo altrove. Esattamente come quando hanno deciso di non considerare la miriade di scritte, adesivi, di stampo antisemita (come “l’ebreo tifa Lazio” o “Laziale non mangia maiale”) la cui presenza in città è stata denunciata decine di volte. 

INTENTO - L’intento di questo articolo, però, sia chiaro, non è dire: “Lo fanno anche gli altri, quindi ci laviamo la coscienza”. No, il laziale non è un ipocrita distinto proprio perché fa i conti con se stesso e con i suoi comportamenti, anche con i peggiori. Mentre altrove, con il silenzio connivente di stampa e istituzioni, tutto è sempre stato permesso e tollerato. Così razzismo, omofobia, antisemitismo non solo non verranno mai sconfitti, ma anzi saranno continuamente incentivati, poiché ridotti a una questione di tifo, a un ipocrita esercizio dialettico utile ad affossare l’avversario e a creare uno stereotipo falso. 

Pubblicato il 21-03


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