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FOCUS - La Grande Lazio sforna allenatori vincenti: leader in metamorfosi

di Davide Capogrossi
Fonte: Davide Capogrossi - Lalaziosiamonoi.it

"Una squadra che non abbia un grande allenatore in campo, è inutile che abbia un allenatore fuori campo". Parole e musica di Carmelo Bene, demiurgo del teatro italiano. Assunto inconfutabile. No leader no party. Se hai carattere sei buono per il gioco. Ed appesi gli scarpini al chiodo? La regia si sposta sul pino. Con tanto di trionfi annessi. Mercoledì 9 aprile. La Lazio Primavera conquista la Coppa Italia di categoria dopo 35 anni. Lode a te Simone Inzaghi. L'Atletico Madrid elimina il Barcelona e si aggiudica un pass per le semifinali. Lode a te Cholo. Nomi già noti, almanacco canta. La Lazio ingorda degli anni 90 sforna allenatori di successo. Scientifico.

VINCENTI - In principio fu leader. Roberto Di Matteo, un guerriero al principio di un sogno lungo due lustri. Quella Lazio non vinceva ancora, ma il centrocampista di Sciaffusa spiccava per doti tecniche ma soprattutto mentali confermandosi in Nazionale. Via maglietta e pantaloncini per giacca e cravatta. West Bromwich in Premier League al primo tentativo, poi nel 2011 Villas-Boas viene esonerato dal Chelsea, subentra il vice, il ragazzo di Sciaffusa. FA Cup e Champions League, puntando sui grandi vecchi e annichilendo dal punto di vista tattico e mentale un guru come Pep Guardiola. Chapeau! Capitolo secondo. Diego Pablo Simeone, El Cholo. Uno Scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana ed una Uefa. Da protagonista. Dalla Grande Lazio di Eriksson all'Atletico Madrid matador d'Espana. Il migliore allenatore della Liga nella scorsa stagione. I Colchoneros, prima della cura, fluttuavano in Purgatorio. Poi un'Europa League, una Supercoppa Uefa. Oggi siede in cima alla Liga. A romper le uova nel paniere alle due ataviche litiganti. In semifinale di Champions dopo aver eliminato Milan e Barcelona, non esattamente due mestieranti. Per sua stessa ammissione, buca le gomme delle fuoriserie per raggiungerle e sorpassarle. Un Profeta dei tempi moderni. Sulle pagine Facebook dei tifosi laziali, mercoledì 9 aprile, top di condivisioni del Cholo. Vincente. Roberto Mancini con la Lazio ha vinto una Coppa Italia ed una Coppa delle Coppe in più rispetto all'argentino. L'emblema dell'allenatore in campo, a 50 anni scarsi, ha vinto con Fiorentina e Lazio prima di regalare trionfi oramai dimenticati all'Inter e dando un senso alla dinastia di Abu Dhabi nella Manchester degli Oasis. L'ombra dello United sfila nella terra dei Mancuniani convertiti in Manciniani. Ora è tempo di Turchia, Galatasaray. Un ribaltone nel girone di Champions ha rappresentato un discreto biglietto da visita. Matias Almeyda, mastino in mezzo al campo, ha guidato il suo River Plate alla promozione in Primera Division, successo di grinta in una situazione tutt'altro che facile, con un altro ex laziale come Josè Antonio Chamot al suo fianco. E mentre Sinisa Mihajlovic abbina finalmente i giusti equilibri in cabina di regia della Sampdoria ad una retorica affascinante e vagamente mouriniana, mercoledì 9 aprile Simone Inzaghi riporta la Coppa Italia Primavera a Formello dopo 35 anni. Quei bravi leader.

VARIE ED EVENTUALI - Bergodi, Gregucci, Stroppa, Marcolin, c'è chi lotta nelle crociate per la Serie A. Alcuni hanno trasferito la leadership dietro ad una scrivania. Marcelo Salas è il factotum dell'Union Temuco, la squadra della sua città. Karel Poborsky è presidente in patria della Dynamo Ceske Budejovice. Pavel Nedved è uno degli ingegneri di un'ambiziosa opera architettonica chiamata Juventus, attuale membro del Cda. Juan Sebastian Veron si è momentaneamente allontanato dal cerchio di centrocampo per costruire da dirigente l'Estudiantes, salvo poi accorgersi di aver ancora troppa benzina in corpo per non dispensare classe sul rettangolo di erba verde. Alessandro Nesta, tablet alla mano, analizza gli avversari del Montreal Impact. Ma c'è chi ancora non ce l'ha fatta. Da Aron Winter, ancora a spasso dopo l'esperienza infelice a Toronto a Thomas Doll, degradato dalla Bundesliga al campionato ungherese. E poi c'è Ivan de la Pena, tornato nella Capitale nel 2011, sponda opposta. Un mese e mezzo da vice di Luis Enrique, poi desaparecido all'improvviso causa motivi familiari. L'eccezione che conferma la regola. Mercoledì 9 aprile. Trionfa Simeone, trionfa Inzaghi. Una lacrima sul viso. Metamorfosi di un leader.


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