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FOCUS - Big match, finali e playoff: tre indizi fanno una prova, alla Lazio manca personalità

di Marco Valerio Bava
Fonte: MarcoValerio Bava-Lalaziosiamonoi.it

Mancavano neanche 24 ore all'inizio della gara di ritorno del playoff di Champions e tramite il proprio profilo Twitter il Bayer Leverkusen aveva cinguettato: "Non abbiamo mai perso nella storia dei preliminari", un tweet battagliero, sprezzante, senza far caso alla scaramanzia. Hanno avuto ragione loro, il 3-0 della BayArena ha detto che la striscia positiva rossonera continua, mentre si interrompe bruscamente quella della Lazio. Sì, perché pure i biancocelesti erano imbattuti ai playoff Champions, tre volte affrontati e tre volte superati facendo fuori nell'ordine: Copenaghen, Benfica e Dinamo Bucarest. Addio media del 100% e rimpianti che si fanno strada nella notte laziale. Il gol di Keita all'andata aveva illuso di poter compiere l'impresa, sembrava aver cancellato i turbamenti di un'estate travagliata che, invece, si è conclusa forse nella maniera più ovvia. Le colpe? Ci sarà tempo per analizzare le responsabilità della disfatta tedesca, ma le cause del tracollo sono molte e forse una più lampante delle altre. La Lazio ha fallito entrambi gli obiettivi di inizio stagione, ha deposto le armi a Shanghai contro la Juventus e si è sciolta come neve al sole al cospetto del Bayer Leverkusen. Addio Supercoppa e addio Champions League. Manca personalità a questa squadra, manca carattere ed esperienza a un gruppo nuovo che, negli ultimi 12 mesi, ha trovato grandi difficoltà quando si è andati all-in. Due finali perse, un preliminare fallito, zero derby vinti e altre due batoste in campionato contro la Juventus. Questo il bilancio poco confortante dell'ultimo anno. Vero, nello spareggio di Napoli i biancocelesti l'hanno spuntata, ma anche lì la gestione del risultato ha lasciato a desiderare.

FINALI SENZA SORRISI - Le ultime due giocate dalla Lazio. Sempre la Juventus a guastare la festa laziale e ad alzare coppe al cielo prima di Roma e poi di Shanghai. Sfortunata quella giocata all'Olimpico il 20 maggio, senza appello l'ultima disputata in Cina. Se tre mesi fa il doppio palo di Djordjevic e la zampata di Matri avevano spezzato il sogno laziale di vincere la settima Coppa Italia (vittoria che sarebbe stata anche meritata), l'8 agosto non c'è stata storia ed è bastato che la truppa di Allegri alzasse di poco il ritmo per demolire ogni resistenza di una Lazio apparsa timorosa e senza idee, proprio come quella vista alla BayArena. Paura, un concetto ribadito anche dal ds Tare nel post partita. E pensare, invece, che una squadra giovane come quella di Pioli dovrebbe avere dalla sua incoscienza e spensieratezza. Perché trema la Lazio quando la posta in palio è alta?  Manca personalità dunque, mancano carattere e nervi saldi. Finali perse, ora sono cinque su 16 giocate nella storia laziale post bellica. Una media del 31,25%, salita del 10% negli ultimi tre mesi: prima del 20 maggio, le finali senza sorrisi erano state solo tre su 14 disputate (il 21.4%). Insomma, a differenza di altri, la Lazio quando giocava per vincere, be' vinceva. 

SCONTRI DIRETTI - Altra nota dolente. Se vengono prese in esame le quattro gare giocate contro Juve e Roma, cioè le due squadre arrivate davanti alla Lazio in classifica nella stagione scorsa, il quadro è sconfortante: un pareggio e tre sconfitte, con tre gol fatti e nove subiti. Pesanti i rovesci contro la Vecchia Signora (0-3 all'Olimpico e 2-0 a Torino), amaro il pari d'andata contro i giallorossi quando Mauri e Felipe Anderson avevano illuso Pioli di poter vincere il derby al primo tentativo, decisivo quello di ritorno che ha costretto la Lazio a rinunciare al sogno secondo posto. Solo la Fiorentina è stata battuta in entrambe le gare dai biancocelesti, mentre Napoli, Milan e Inter sono riuscite a strappare punti in almeno un'occasione. Manca personalità alla Lazio, mancano profilo e spessore internazionale (e il mercato non è venuto in aiuto), virtù che cancellano la paura e possono condurre verso il pantheon dei grandi.


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