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Pellegrini, il primo allenatore: "Ha sempre avuto il fuoco del campione. E quella volta..."

di Elena Bravetti
Fonte: Elena Bravetti - Lalaziosiamonoi.it

“L’ho allenato quando lui stava ancora negli esordienti. Era un punto di domanda ancora, fisicamente non era formato, non potevamo sapere come sarebbe diventato da grande. Ma dentro di sé aveva il cuore dei giocatori veri". Inizia così l'intervista con Fernando Mastropietro, allenatore di Pellegrini quando faceva parte della Tor Tre Teste. Il tecnico, intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni, ci ha raccontato il Luca che ha avuto modo di conoscere e che aveva già tutte le caratteristiche del campione: "Sentivo che lui aveva dentro questo fuoco sacro del giocatore vero. Aveva un passo incredibile, una corsa che il campo non gli bastava e crossava benissimo. Questo cross a giro… che poi era la caratteristica del difensore laterale moderno. Aveva dentro tutte queste cose, ho avuto il coraggio o la fortuna di fargliele tirare fuori. È stato fortunato lui ad incontrare me, sono una persona molto tranquilla e lo lasciavo fare. Questi cavalli di razza vanno lanciati e lasciati a loro stessi, e bisogna intervenire solamente quando e se vanno fuori dalle righe”.

Sfogliando l'album dei ricordi, ce n'è sicuramente uno che Mastropietro ricorda con maggior piacere, e che considera fondamentale, tanto per il suo futuro di allenatore che per la carriera di Pellegrini: “Torneo all’Atletico 2000, Tor Tre Teste-Udinese, vincevamo per 1-0 e su un calcio di punizione, mi pare, Luca si permette di guarda l’arbitro male. Io, prima che l’arbitro gli dicesse qualcosa, lo richiamo in panchina e gli dico che queste cose non si fanno, i giocatori nervosi non servono a nulla e poi l’educazione verso una persona più grande e verso i compagni è una cosa che vale per tutti i giocatori veri. L’ho lasciato in panchina per 5-6 minuti, la partita stava finendo e l’Udinese ci stava prendendo a pallonate, c’era un arrembaggio. Parlando con lui gli ho detto: vedi, se l’arbitro si fosse comportato come me e ti avesse buttato fuori, ora avremmo un giocatore in meno. Ho proseguito: devi decidere se sei un giocatore oppure uno così, che capita per caso sui campi. Lui entrò, fece anche un’altra bella cosa, alla fine vincemmo. È stato importantissimo”. Un insegnamento che il giovane Pellegrini comprese e di cui lo ringraziò a più riprese: “Nella cena di fine anno, lo trovai a parlare con un compagno sul muretto del campo della Tor Tre Teste. Mi disse: vado via che sono una persona seria, sono un ometto. La storia che dall’1 all’8 lo faccio tutti, e dall’8 al 10 lo fanno in pochi, me la ricorderò per tutta la vita. Me l’ha sempre confermato: il mio modo di comportarmi, in campo e fuori, è stato determinante”.

Chiunque parli del neo-acquisto della Lazio, ne sottolinea la determinazione, l'avere ben impressi nella mente gli obiettivi e la strada da percorrere per raggiungerli. Uno dopo l'altro. Il suo primo allenatore ha confermato: "Determinazione? Ce l'aveva già, ed è stata la sua fortuna quando è andato alla Juve, ha creduto in se stesso in maniera incredibile. A Cagliari, dove ha avuto la possibilità di giocare di più, ha dimostrato chi è, un talento naturale, un purosangue che va lasciato correre e richiamato quando serve. Se non ci fossero questi fuoriclasse, il calcio si appiattirebbe”. Infine, un pensiero sull'approdo alla Lazio: “Sono super contento. Torna alla squadra del cuore, anche se poi tutte le volte che l’ha affrontata non ha mai fatto trapelare nulla, da buon professionista. Quando era andato alla Roma e ci incontravamo da avversari con la Tor Tre Teste, io gli dicevo una cosa fondamentale: quando giochi con la tua ex squadra devi giocare ancora meglio, gioire se fai gol. Mi devi dimostrare che tutto quello che ti ho insegnato lo stai facendo, e Luca è stato sempre così. Quando ci siamo incontrati ha sempre fatto benissimo”.

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Pubblicato il 4/02


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