Giulio, quando il segreto è non mollare mai: "La Lazio e il calcio sono stati la mia forza"
Fonte: Elena Bravetti - Lalaziosiamonoi.it
“Ciao, sono Giulio. Un anno fa mi sono ammalato di una malattia rara al midollo osseo. Sono dovuto stare 7 mesi in ospedale, senza mai uscire perché i valori del sangue erano talmente bassi che non avevo alcun tipo di difesa immunitaria". Inizia così la chiacchierata con Giulio, sedicenne pazzo per il calcio e, soprattutto tifosissimo della Lazio. La sua storia ha avuto un lieto fine. La foto che lo ritrae all'Olimpico in occasione di Roma - Lazio insieme al dottore che l'ha guarito ha fatto il giro del web. Una promessa mantenuta - quella del dottor Palumbo - e la gioia della rinascita. Giulio si è goduto lo spettacolo seduto in tribuna, ha esultato al gol di Felipe Anderson e ha preso in giro il medico che ha dovuto, invece, riconoscere la sconfitta della sua squadra. Il loro è un legame nato tra i corridoi dell'ospedale, ma che prosegue anche ora, con Giulio guarito e che, man mano sta riprendendo la sua vita. L'importanza di avere un "complice" in un momento così complicato e quasi incomprensibile per un adolescente l'ha ben espressa: "Il dottore che mi ha preso in cura è stata una figura importante per me, come del resto tutti gli altri medici. Lui mi ha sempre detto che una volta uscito dall’ospedale saremmo andati insieme allo stadio, al derby Roma - Lazio. Io sono tifosissimo della Lazio, lui della Roma. Domenica il mio sogno si è avverato. Non solo sono potuto tornare allo stadio, ma ero anche in ottima compagnia. Lui forse un po’ meno contento per la sconfitta della Roma (ride, ndr). Il calcio è sempre stato uno dei motivi, ciò che mi ha dato la forza di reagire e di credere che prima o poi sarei tornato a giocare e a tifare la mia squadra del cuore”.
Insieme a mamma Roberta, poi, siamo tornati indietro nel tempo per raccontare quei mesi drammatici, la speranza delle prime cure, la difficoltà di trovare un midollo che potesse essere compatibile con quello di Giulio, gli ostacoli legati al Covid. Si è trattato di una vera battaglia, che Giulio ha vinto e di cui ora si gode il lieto fine insieme a una famiglia che si è stretta attorno a lui. Si sono dati forza, l'uno con l'altro. Ma partiamo dall'inizio: "Giulio è finito in ospedale il 30 ottobre del 2021, improvvisamente dopo essersi fatto male a calcio. Pensavamo di uscirne con un gesso, una gamba rotta perché aveva preso una botta al ginocchio. I dottori sono stati molto scrupolosi, hanno preferito fare anche le analisi del sangue. Da lì è emersa una situazione tragica. Abbiamo iniziato questo percorso lungo 7 mesi di ininterrotto ospedale. È uscita fuori dopo varie diagnosi e biopsie, una rara malattia autoimmune al midollo, l’aplasia midollare".
Il "nemico" ha iniziato ad avere un nome. È stato il primo passo per iniziare a studiare il piano per annientarlo. Dopo aver tentato con alcune cure, l'ospedale si è messo al lavoro per trovare un donatore compatibile di midollo osseo. L'unica soluzione per Giulio, infatti, sarebbe stato il trapianto, sostituire completamente il suo midollo che non funzionava più. I genitori hanno iniziato a promuovere campagne di sensibilizzazione insieme all'ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo). Prosegue Roberta: "Abbiamo reclutato parecchia gente, che però non è risultata compatibile con Giulio. A Giulio è stato trovato un donatore nel registro mondiale, in Germania. Ha ricevuto il trapianto di midollo il 17 marzo 2022. Da questo è iniziata la ripresa. È andato tutto bene, ha avuto solamente un problema che l’ha fatto rientrato in ospedale, causato dal Covid. Lì i medici hanno avuto un po’ paura. Le complicazioni dopo il trapianto per alcuni segnano a vita, non li risparmiano. Fortunatamente è stato un altro mese dentro e hanno risolto".
Difficoltà, speranze, gioia e una passione a cui Giulio è rimasto "incollato" e che gli ha dato un po' di forza in più per non mollare: il calcio. Dalle partite della Lazio e della Serie A viste direttamente dal tablet, fino alle videochiamate con la sua squadra dopo una vittoria o una sconfitta. Insieme hanno gioito, ma si sono anche arrabbiati. E man mano, la luce è iniziata a penetrare. Prima fioca, poi sempre più potente: "Ha iniziato a riprendere la sua vita, anche precocemente rispetto alla normalità. Fisicamente e mentalmente è stato molto forte. Ha voluto tornare a calcio, la sua grande passione. È tornato a scuola (...) Il calcio è la sua vita. Lui e il padre sono super tifosi della Lazio. Grazie a telefonini e tablet ha visto tutte le partite, aspettava il sabato e la domenica per le partite di campionato. È portiere dell’Under 17 del Cerveteri. La squadra non l’ha mollato mai. Durante le partite c’era sempre qualche giocatore che riprendeva il campo e glielo faceva vedere in diretta a Giulio. Negli spogliatoi esultavano con lui se vincevano, s’arrabbiavano se perdevano. Lo chiamavano sempre. Il calcio è stato fondamentale, l’ha aiutato a livello di testa e anche a livello fisico. Facendo calcio a livello agonistico, il suo corpo ha reagito anche a livello buono".
Ci sono stati tanti momenti brutti, prosegue Roberta. Dagli effetti collaterali dei medicinali alla chemio subita prima del trapianto di midollo. E ora vedere il proprio figlio tornare a vivere, riprendere il mano le sue giornate e godersi piccole ma grandi gioie che gli sono state date ma che si è meritato alla grande, è la soddisfazione più grande per una mamma. Quella giornata da trascorrere allo stadio, poi, Giulio l'ha vissuta con tanta emozione. "Era emozionatissimo dai giorni prima, metteva le crocette sul calendario. Vederlo così, tornare a vivere con le sue passioni, è una cosa bellissima". La storia di Giulio, che siamo stati orgogliosi di poter raccontare, vede tanti altri "eroi". Si tratta di tutti i medici, gli infermieri e gli OSS del Bambino Gesù di Roma. Professionisti esemplari, uomini e donne di buon cuore, che hanno coinvolto il ragazzo, relazionandosi direttamente con lui e aiutandolo a rendere un po' più chiara la situazione. D'altronde, ciò che si conosce si può sconfiggere.
Alla base di questa storia, c'è sicuramente tanta sofferenza, ora trasformata in inspiegabile gioia. Ma anche un'inesauribile voglia di non mollare. C'è poi la missione dei medici, l'amore e la protezione della famiglia. E ancora, l'unione - e la sana follia - che si respirano solamente all'interno di uno spogliatoio. Ma non per ultimo, un gesto, apparentemente semplice, ma che nel caso di Giulio e di tanti altri bambini e adulti, decisivo: diventare donatore di midollo osseo. Si tratta, effettivamente, di salvare vite. E il messaggio che Roberta vuole sia sottolineato è proprio questo. In ospedale ci sono ancora tanti ragazzi che non trovano la compatibilità. Che sono costretti ad aspettare, a trascorrere i giorni appesi a un filo. Donare è una scelta semplice, ma tutt'altro che scontata. Quasi rivoluzionaria. Arricchisce il ricevente, ma forse in egual misura, il donatore. "Non è una pratica invasiva, le cellule si rigenerano dopo qualche settimana", prosegue Roberta. E Giulio, esempio vivente di quanto sia bello rinascere.
Pubblicato il 20-11 alle 13:00