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ESCLUSIVA - El Piojo Lopez: "Ho la Lazio nel cuore! Aserejé? Colpa di quel pazzo di Corradi!"

di Davide Capogrossi
Fonte: Davide Capogrossi/Andrea Centogambe-Lalaziosiamonoi.it

“C'era una volta un Pidocchio in una Lazio di titani. No, non si faceva schiacciare, li guardava tutti negli occhi come fosse uno di loro”. Oggi i nonni parlano così di Claudio Lopez ai loro nipoti. Arrivato alla Lazio nell'estate del 2000 per una cifra vicina ai 35 miliardi di lire, el Pjojo deve il suo soprannome ai tempi in cui militava nelle giovanili dell’Estudiantes. Grazie alle sue qualità fuori dal comume, Claudio giocava spesso con ragazzi più grandi di lui. All'epoca era un bambino di bassa statura, ma già andava a velocità doppia rispetto agli altri. Nonostante poi sia cresciuto e abbia raggiunto i 179 cm, il soprannome di Pidocchio non lo ha più abbandonato. Poco male, gli ha portato fortuna durante tutta la sua carriera. Claudio Lopez è in assoluto uno degli attaccanti più forti che abbia mai vestito la maglia della Lazio, quel mancino fulmineo iniziò a incantare tutti sin da subito. Dall'8 settembre del 2000, per essere precisi, quando all'Olimpico Lazio e Inter si giocano la Supercoppa Italiana. Maglia numero 7 addosso, a fine primo tempo l'argentino ha già siglato una doppietta. Ma il primo anno in Italia è un'agonia, una lesione del legamento collaterale del ginocchio sinistro gli fa saltare gran parte della stagione. Rimarrà a Roma per quattro anni, disputando 144 partite, segando 40 gol e alzando al cielo una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana. A Roma avrebbe potuto vincere di più, molto di più. Non solo nell'annata 2000/2001, ma anche dal 2002 al 2004, tra le fila di quella che è passata alla storia come la Banda Mancini. Oggi Claudio Lopez veste i panni di dirigente dei Colorado Rapids, da tempo immemore non parla più del suo passato biancoceleste. Ma nulla è impossibile per la redazione de Lalaziosiamonoi.it, che è riuscita a scovarlo in quel di Denver.

Una nuova vita da dirigente negli Usa, come va?  
"Procede tutto bene. Il mio obiettivo è quello di conoscere meglio questa posizione, usare le esperienze che ho avuto nella mia carriera. Voglio cercare di aiutare l'allenatore ed esaudire le sue richieste".

Ti chiamano ancora El Piojo?
"Sì, certo (ride, ndr). Quello non cambia mai, rimane sempre lo stesso!".

Dopo il ritiro dal calcio giocato ti sei cimentato nelle corse del Campionato Argentino di rally, vincendo anche qualche gara.
"È una passione che ho da sempre, nella mia città (Rio Tercero, provincia di Cordoba, ndr) le gare di rally piacciono molto. Quando ho finito la mia carriera ho provato a correre per due volte per provare la macchina, non in gara. Mi è piaciuto, era per divertirmi, per passare il fine settimana con i miei amici. Alla fine sono rimasto a gareggiare lì per tre anni. Ora ho deciso di tornare nel mondo del calcio, di lavorare sempre di più, ho riflettuto molto...".

Torniamo al calcio. Questa Lazio è pronta per tornare a vincere?
"Mi piace molto. Ho visto tanti giocatori buoni alla Lazio in questi anni, ci sono stati tanti cambiamenti. Sono rimasto un po' fuori dalle vostre vicende, però ho visto un bel progetto che punta in alto. Stanno lavorando bene per il futuro, ci sono un paio di giocatori molto forti, può diventare una bella squadra".

Tra i punti di riferimento della nuova Lazio c'è il tuo connazionale Lucas Biglia.
"Me lo ricordo ai tempi dell'Argentinos Juniors, mi piace molto la crescita che ha avuto rispetto a quando giocava in Argentina. Ho seguito anche le sue prestazioni con la Nazionale. Sta facendo bene, è un ottimo giocatore, mi aspetto che prenda la Lazio per mano e che faccia felice i suoi tifosi".

Se ti dico Lazio a cosa pensi?
"Ho tantissimi bei ricordi. L'affetto della gente per strada, la società, il rapporto con i compagni che ho avuto in squadra, i dirigenti che mi hanno dato tutto per far bene. Poi la Supercoppa Italiana che abbiamo vinto contro l'Inter appena sono arrivato (4-3, lui realizzò una doppietta in 5', ndr), la Coppa Italia con la Juventus. Roma mi piace tanto, non sono riuscito a tornare per impegni di lavoro, vorrei tornare...".

Quella era una squadra fortissima, si era persino rinforzata rispetto all'anno dello Scudetto. Cos'è andato storto? "Io mi sono infortunato al ginocchio dopo un mese dall'inizio del campionato. Mi ha fatto tanto male perché sono rimasto fuori per sette mesi. Non ho avuto la possibilità di aiutare i miei compagni, di lottare con loro per vincere lo Scudetto. Credo che abbiamo fatto bene, avevamo la voglia per far bene contro le difficoltà".

Claudio Lopez è ricordato anche per le esultanze pittoresche con Bernardo Corradi, compreso il simpatico balletto sulle note del tormentone Aserejé...
"È quel pazzo di Corradi, lui voleva fare queste cose (ride, ndr). Dopo è diventato bellissimo perché ho fatto tre gol contro l'Inter (7 dicembre 2002, tripletta in 35', ndr) e abbiamo fatto il balletto di Aserejé. Sono tutti ricordi che sono rimasti nel mio cuore, condividere le gioie con quei ragazzi era fantastico".

Era un gruppo molto affiatato, la cosiddetta 'Banda Mancini', che ha onorato la maglia anche nei momenti più difficili a livello societario.
"Nello spogliatoio c'era sempre il sorriso, ricordo tante scene divertenti. In campo diventava tutto più bello, giocavamo tra amici. Lottavamo per il compagno e l'allenatore, abbiamo passati tanti momenti stupendi insieme".

L'attaccante più forte con cui hai giocato?
"Hernan Crespo è forse il più forte con cui abbia giocato".

C'è un nuovo Claudio Lopez in giro per il mondo?
"Ci sono tanti bravi giocatori, ma non posso sceglierne uno, è difficile trovare un calciatore con le mie caratteristiche. Il calcio è cambiato, si gioca anche in maniera diversa".

Vuoi fare un saluto ai tifosi della Lazio?
"Ho dei grandi ricordi dei tifosi della Lazio. Li voglio ringraziare per quello che mi hanno fatto vivere a Roma, è stato unico. Resteranno nel mio cuore e per sempre... Forza Lazio!".

 

 

 


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