Zaniolo, la differenza tra un professionista e un tifoso. E chi oggi s'erge a moralista...
Fonte: MarcoValerio Bava-Lalaziosiamonoi.it
Il sabato è trionfale, la Lazio infila l’undicesima vittoria consecutiva, fa cinque gol alla Samp e consolida il terzo posto. Ma la giornata regala anche altri spunti, forse meno interessanti, ma che vanno comunque approfonditi. Spunti extra campo che stanno facendo discutere sui social e non solo. I fatti, che abbiamo raccontato su Lalaziosiamonoi.it, sono noti: la Curva Nord si spende in un coro rivolto a Zaniolo e il ragazzo risponde con due stories (una poi cancellata) su Instagram: “Inferiori”, dice il centrocampista rivolgendosi ai tifosi della Lazio. Rincara la dose la madre che invoca il karma affinché la sfortuna del figlio possa ritorcersi contro gli autori del coro. È ovvio che in un mondo ideale, certi cori non dovrebbero partire dalle curve e ed è altrettanto ovvio l’augurio affinché possano essere evitati in futuro. Il coro non è bello e ci si doveva astenere dal cantarlo: questa è la premessa. Ma è altrettanto vero che negli stadi sfottò anche spinti, pesanti, esistono da sempre, lo stadio non è l'Opera e il calcio non è la lirica. Quello rivolto a Zaniolo, per quanto fastidioso per il destinatario, è uno sfottò. Non un’offesa come quelle a sfondo razziale che spesso purtroppo trovano spazio negli impianti italiani. Uno sfottò fastidioso che, però, un tesserato deve accettare in silenzio, ripagando poi sul campo con moneta diversa, magari segnando o giocando alla grande contro i rivali. Il calcio invece sta diventando un circo dove professionisti e tifosi vengono considerati sullo stesso piano, dove un botta e risposta del genere può essere considerato normale. No, non lo è. Zaniolo non può permettersi di rispondere “Fate pena… Tutti” rivolgendosi alla totalità dei tifosi laziali. Non può pensare che provocazioni come quelle lanciate tempo fa, quando commentò con un “grandi” un post su Instagram in cui tifosi della Roma insultavano le madri dei sostenitori biancocelesti, possano passare inosservate. Zaniolo non è un santo, ha sbagliato e continua a sbagliare, offende sparando nel mucchio e offre uno spettacolo non degno di un campione (termine con cui tanti lo etichettano). Se il professionista si mette sullo stesso piano dei tifosi offre un messaggio distorto, autorizza un circolo vizioso dal quale non si esce. Il professionista deve offrire un esempio, deve mantenere i nervi saldi, evitare di rispondere e insultare. Come fece Gascoigne quando i tifosi della Roma gli auguravano la sedia a rotelle dopo la frattura della gamba e come fece Lulic che - su cui pendeva il rischio di amputazione di un dito della mano - venne “sfottuto” dai sostenitori giallorossi in trasferta a Torino con il famigerato “non c’è ricrescita”. Non reagirono nemmeno Chinaglia e Di Canio che, dopo le esultanze nei rispettivi derby, furono costretti a girare per Roma sotto il peso delle minacce, delle ritorsioni della tifoseria romanista. Tantomeno Rocchi quando un quotidiano a tinte giallorosse invitò a tifare Italia alle Olimpiadi del 2008, solo dopo l'infortunio al perone dell'allora attaccante laziale. Nessuno di loro si è mai permesso di insultare i tifosi della Roma, mai nessuno di loro è sceso tanto in basso. Hanno risposto sul campo, magari, ma mai con atteggiamenti simili a quelli della tifoseria. Il professionista è altro, non è un tifoso e come tale deve comportarsi. Anche di fronte a fatti che ritiene inaccettabili. Per fare un altro esempio, stavolta extra Lazio, non risulta che Demiral abbia reagito sui social insultando i romanisti che, mentre era a terra sofferente per l'infortunio patito al ginocchio, a migliaia cantavano "devi morire". C’è poi un altro capitolo da analizzare ed è quello relativo ad alcuni cronisti che si occupano di cose di casa Roma che stanno facendo a gara nello spendere aggettivi degradanti e denigratori verso i tifosi della Lazio. Una sorta di morale a suon d’insulti che fa amaramente sorridere. Sorprende il veleno che questi colleghi hanno riversato via social nelle ultime ore. Colleghi che hanno sempre assistito in assordante silenzio allo scempio della memoria di Vincenzo Paparelli. Zaniolo, grazie al cielo, è in salute e tornerà presto a giocare. Nessuno, invece, restituirà mai Vincenzo alla sua famiglia. La differenza è abissale. E l’indignazione di oggi non fa altro che rendere più aberrante il silenzio di allora.
Pubblicato ieri alle 15:15