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Un Milan-Lazio da V per Vendetta: in Coppa Italia nel mirino cattivo gusto e pazzia pura

di Alessandro Zappulla

Il senso di disgusto che resta di una serata come quella appena consumata, poco o nulla ha a che fare con lo sport e con il calcio. Milan - Lazio di campionato va in archivio nel segno della demenza e del becerume di più basso profilo. Il senso del confronto nel calcio parte dall'etica del rispetto per l'avversario. Un principio assoluto che mai e poi mai va perso di vista. Essere uomini ancor prima che calciatori, impone un diktat comportamentale, che non può essere prevaricato. Giocare da squadra per vincere come gruppo, soffrire e perdere, provando a rialzarsi. Il calcio è questo: è paragone costante, è sfida, è disputa, ma rigorosamente incastonata in una performance sportiva che va in scena davanti a una cornice di pubblico pronta a recepire un messaggio la cui sintesi perfetta deve essere sempre e soltanto una sola: "rispetto". Ieri tutto questo non c'è stato. Ieri San Siro si è trasformato da Scala del calcio a gogna del decoro. Si può vincere e si può perdere, ma attendere il nemico reo di aver alzato i toni nel prepartita (Acerbi disse: "Più forti noi del Milan", ndr) tentando di ridicolizzarlo, questo no. Specie se un gesto di fairplay come lo scambio della maglia si tramuta subdolamente nello scalpo del vinto. Un'azione meschina, che misura la pochezza di chi la porta a compimento. Il calcio non può essere questo e non deve diventarlo. Si cala la scure della condanna su tifoserie che varcano i binari della correttezza senza colpo ferire ed è giusto denunciare alla stessa maniera un comportamento antisportivo come quello di Kessié e Bakayoko. A poco servono le scuse imposte dal club. Tanto vale invece la reazione da uomo vero di Francesco Acerbi: "Fomentare odio è segno di debolezza...". Anche lui uscito da una gara appena disputata. Anche lui con la tensione addosso di chi ha sudato per raggiungere un risultato. Anzi lui l'ha pure persa quella gara e in più si ritrova coinvolto in un teatrino dell'ignoranza dal quale si tira fuori a testa alta, da vero campione. Pesa questo gesto, pesa lo smacco ancor più della sconfitta incassata sul campo. Ma per fortuna il Dio del "calcio" è sempre vigile. Per fortuna la ruota dei confronti girerà pochissimo, prima di porre Lazio e Milan di nuovo l'una di fronte all'altra. Tra poco più di una settimana, nel segno della correttezza, ma anche del sano agonismo, sarà di nuovo battaglia. In mezzo una disputa che vale una finale, ma soprattutto una sfida da vincere a difesa del proprio orgoglio ferito. Non c'è dubbio: la Lazio si preparerà alla grande e si batterà da squadra, dando tutto per sé e per Francesco Acerbi, ma non solo. Scolpiti nella mente tutti i fotogrammi di questa notte di cattivo gusto, compresa la coda vomitevole che ha coinvolto Ciro e Jessica. Attimi di squallida follia. Misura deprimente di cervelli all'ammasso sui social. Squallore puro, amplificato da chi si taccia per colui che dovrebbe divulgare e comunicare. Pazzia pura, sintetizzabile nelle certezze di Einstein, che trovano sempre più conferma in questo mondo: "Due cose sono infinite", disse Einstein, "l'universo e la stupidità umana. Sull'universo ho qualche dubbio...". Scene di un noir diventato fetish. Scene da cancellare con il carattere e le vittorie. Si può fare. Tutto è ancora possibile. Resta vincere il round di coppa per cancellare l'onta. Questa Lazio di uomini veri lo può fare.


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