ESCLUSIVA - Il Maestro immortale. Il ricordo dei suoi ragazzi: “Uomo eccezionale, un onore conoscerlo"
Fonte: Claudio Cianci e Benedetta Orefice - Lalaziosiamonoi.it
La giacca a quadri, il sorriso sulle labbra. E un solo desiderio: far sentire tutti parte di quella famiglia chiamata Lazio. Tommaso Maestrelli era un uomo semplice, che faceva dei piccoli gesti la propria grandezza. Pacato nei modi, efficace nel parlare. Non un chiacchierone, anzi. Uno di quelli che, nella maniera più schietta, sapeva tirarti fuori lo stesso meglio che in lui non facevi fatica a trovare. Divenuto eroe grazie a quella banda di uomini che, nonostante la passione per le armi e divertimenti piuttosto stravaganti, fu in grado di guidare fino al primo, storico, scudetto biancoceleste. Più di un allenatore: amico, confidente, padre. Un maestro e, come tale, immortale. In occasione del 40esimo anniversario della morte, la redazione de Lalaziosiamonoi.it ha voluto ricordare l’uomo e il professionista, con il doveroso omaggio di chi sul campo ci ha lottato e vinto. Da Facco a D’amico, da Nanni a Oddi, passando per Wilson e Pulici: queste le dichiarazioni rilasciate in esclusiva ai nostri microfoni.
FACCO - “E’ stato un grande maestro per tutti noi. Appena arrivato alla Lazio non è risultato subito simpatico alla squadra ma ha lavorato molto e si è impegnato per rendersi tale. Quello che mi è rimasto più impresso è questo: quando ho perso il posto da titolare – e ora, dopo tutto questo tempo, posso dire che la mossa del mister si è rivelata giusta - Maestrelli si è rivelato un grande maestro. Infatti lui curava quasi di più i rapporti con i non titolari che con i titolari, si preoccupava molto di tenere l’armonia nello spogliatoio. Aveva un parlare continuo con noi giocatori. E’ stato una fonte di ispirazione per me, mi ha sempre sollecitato e motivato molto. Era un uomo con una grande onestà intellettuale, difficile da dimenticare. Lo apprezzo e lo ho apprezzato molto”.
NANNI – "Maestrelli era una persona equilibrata ed educata, racchiudeva tutto quello che di buono può avere un essere umano. Con le sue parole, sempre pacate, addolciva qualsiasi pillola. Il primo ricordo è il tempo trascorso con lui, anche la prima impressione. Ricordo la prima volta che parlai con lui, ricordo il suo tono pacato. Di solito c'è un po' di soggezione fra giocatore ed allenatore, soprattutto la prima volta che ci si incontra. Lui, invece, mi sciolse. Mi rapì il suo modo di esprimersi".
WILSON – "Tommaso Maestrelli è stato un uomo di caratura immensa, è stato per noi un privilegio vivere con lui, non solo a livello professionale ma nel quotidiano. Sembrerà una cosa una banale, ma non posso che ricordare cose belle di quest'uomo. Lo ricordiamo come un fratello maggiore o un padre per i più giovani. Mi viene in mente la sua giacca a quadretti, era un atto dovuto per lui presentarsi sabato e domenica con questa giacca, noi lo prendevamo in giro (ride, ndr). Lo voglio ricordare così: noi che lo prendiamo in giro a causa della giacca e lui che sorride".
ODDI – “Era una persona eccezionale, un uomo di un’educazione e di un carisma come ne esistono pochi. Io spesso stavo a casa sua a mangiare insieme anche a Giorgio (Chinaglia, ndr). Ricordo che quando perdevamo una partita – e in quegli anni ne perdemmo davvero poche – lui si metteva da solo in un angolo, senza arrabbiarsi, a fumare una sigaretta. Vederlo soffrire era per noi una sofferenza ancor più grande. Per me e come per molti di noi è stato un secondo padre, ci ha insegnato molto”.
PULICI – “Il 28 novembre del ’76 c’è stato il derby. Lazio-Roma, abbiamo vinto 1-0 con gol di Giordano. Quel giorno Maestrelli giocò in porta. Cosa dico? E’ vero, io ero il portiere ma le parate è come se fossero state sue. Quella domenica, infatti, io gli ho dedicato la partita, la stessa sera lui si è sentito male, è stato ricoverato in clinica Paideia e 4 giorni dopo ci ha lasciati. Racconto quest’altro aneddoto: quando è tornato dalla malattia, un giorno mentre gli allenavo gli chiesi di restare a guardarmi. Lui disse: “Non riesco a star qui, mi è difficile stare in piedi”. Allora io, da egoista, gli ho detto che se questo era il problema gli andavo a prendere la sedia così poteva guardarmi. Io nei suoi confronti ero egoista, lo volevo sempre accanto a me perché mi rendeva tanto sicuro”.
D’AMICO - "Ricordo il pomeriggio in cui mi fece esordire, il pomeriggio del sabato. Quando mi comunicò che avrei giocato. Era una persona di un' intelligenza superiore, con una abilità di gestire gli uomini come nessuno mai. Un allenatore ed uomo coraggioso, era il capo. Il capo supremo che tutti riconoscevano, anche quelli con grande personalità alla fine si adattavano alle sue decisioni".
© RIPRODUZIONE RISERVATA - La riproduzione, anche parziale, dell’articolo è vietata. I trasgressori saranno perseguibili a norma di legge.