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Compleanno Lazio / 121 anni senza paura: anche questa notte vedrà il giorno!

di Alessandro Zappulla
Fonte: Alessandro Zappulla / Graphic Mirko Borghesi

Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po'
e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Da quando sei partito c'è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai
ma qualcosa ancora qui non va….

Sembra l'intro di un inno al Post Covid, le parole de l'anno che verrà, in un’apocalittica realtà che ancora oggi attanaglia. Un anno fa, un popolo intero era lì a festeggiare nel luogo della propria origine: Piazza della Libertà, fra brindisi e botti di un 120esimo compleanno, ignaro di dover trascorrere per quasi undici mesi in libertà vigilata. La consuetudine che si piega alla contingenza. Ed oggi quel luogo a mezzanotte non si riempirà di amore come al solito. Uno sventolio di bandiere onorerà fra poche ore, nel pomeriggio, l'orgoglio della memoria. La prima squadra della capitale ha tagliato un altro traguardo. Un tuffo nel passato che virtualmente in questi giorni ci ricollega alla storia di questo club. Centoventuno anni fa la scintilla che accese l’epopea lunga più di un secolo, sino ai giorni nostri. Esser laziali è esser diversi. Che lo si ricordi sempre. È distinguersi a prescindere, è sfidare il tempo e l’arroganza di chi pensa di primeggiare di diritto. Luigi Bigiarelli vive di sogni in Vicolo degli Osti 15, lì abita con il fratello Giacomo, in quell'appartamento al primo piano coltiva aspirazioni e progetti. E' un ragazzo di 25 anni con un'idea precisa: fare sport. Il XX secolo è carico di aspirazioni e ambizioni. La voglia di cambiamento è forte. Lo sport, a Roma, non è per tutti. I circoli sono riservati ai ceti abbienti, a quei signori che grazie al portafogli possono permettersi l'attività ginnica. La suggestione dei racconti olimpici è energica. Lo sport per unire e non per dividere: Luigi ci crede e quel 9 gennaio scrive un destino chiamato: Lazio. Era una mattina fredda, umida. I fratelli Bigiarelli chiudono la porta di casa, si lasciano alle spalle Piazza Navona e corrono sul lungotevere. Le panchine di Piazza della Libertà, all'ombra del Cupolone, sono il ritrovo giusto per esporre l'idea agli amici di sempre. Odoacre Aloisi, Alceste Grifoni, Giulio Lefevre, Enrico Venier, Galileo Massa, Alberto Mesones e Arturo Balestrieri ascoltano rapiti le parole di Luigi e subito esclamano la loro approvazione. Lazio sarà il nome. Un boato che buca il tempo, tanto da arrivare ai giorni nostri. Sopito solo dalla pressione di un periodo di sofferenza. Soffocato dalle misure anti Calcio, anti Assembrameto, anti Vita, anti Tutto. È un boato imprigionato che rimbomba, ma con tanta voglia di tornare a vibrare. Arriva oh sì se arriva. È un boato d’amore che esplode dentro ogni laziale. La Lazio è passione, condivisione, sofferenza, amicizia, appartenenza… Nessuno smorzi il sogno, la speranza di normalità. Siamo vaccinati sì, ma ai drammi della vita. L'esistenza di chi tifa la maglia con l'aquila sul petto è costernata di gioie, successi, ma anche di sciagure e difficoltà. La gente laziale ha la pelle dura e il cuore tenero ed è sempre venuta fuori dai momenti difficili. Oggi sono 121 anni di vita e la difficoltà va al di là dello sport. La pandemia, il virus, il quotidiano trasformato in ricordo. Tutto passerà. Niente paura anche questa notte vedrà il giorno. La prima squadra della capitale sarà sempre là ad aspettare l'alba. Lei che è già ente morale e che prestò il proprio campo per sfamare il popolo in tempo di guerra, oggi sa che il suo battito d’ali continuerà il volo.

Una splendida vecchietta incurante del tempo si incammina sul sentiero del suo futuro. La palla che ruzzola, lo sport che avanza, una polisportiva come fiore all’occhiello. Questa è la Lazio, questo sarà per sempre il club più antico di Roma.

Buon 121esimo cara Lazio!

Pubblicato il 9/01 alle 00.00


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