FOCUS - Lazio d'orgoglio, quanto puoi crescere! Ora la Champions per rimanere a lungo nell'elite

Pubblicato ieri alle 16.20
22.05.2015 07:25 di Matteo Botti Twitter:    vedi letture
Fonte: Matteo Botti - Lalaziosiamonoi.it
FOCUS - Lazio d'orgoglio, quanto puoi crescere! Ora la Champions per rimanere a lungo nell'elite
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© foto di Federico Gaetano

Il comune sentire del tifoso laziale esplode al 94’. Djordjevic si riscopre meno timido di una manciata di minuti prima. Il suo tracciante è un atto d’incoscienza e supera Storari. La freccia scagliata dall’arciere serbo picchia su un montante, percorre il tragitto della linea bianca prima d’incontrarne un altro. L’incedere dell’ex Nantes verso la folla s’arresta, l’urlo rimane in anticamera. La Dea Bendata volta le spalle alla Biancoceleste, ora è appena un po’ più chiaro. Puntuale arriva il sorpasso, tre giri di lancette più in la. La Coppa Italia prende la strada di Corso Galileo Ferraris, per la decima volta nella sua storia. Ma ora esiste anche la Lazio. Si esprime, dunque è. Tornata dopo stagioni trascorse sull’altalena. Abbiamo le prove.

PIOGGIA D’ORO CHAMPIONS - La parte difficile non è tanto arrivare in alto. Mescolando casualmente le componenti del gioco, può capitare di mettere il naso nell’Empireo. Esperienza fugace e temporanea nei piani top, prima del tanto repentino quanto avvilente inabissarsi nell’anonimato. Succede nella vita di tutti i giorni. Succede nello sport, che altro non è che specchio fedele dell’esistenza. La formazione di Stefano Pioli è stata costruita per lasciare traccia. Nel tempo, oggi e nel futuro che sarà. Gli acquisti di un anno fa hanno rivitalizzato un gruppo depresso e fiaccato da non poche delusioni. Un contesto in cui il talento puro di Felipe Anderson non riusciva a rompere gli argini in cui era costretto, in cui la geometria razionale di Biglia era confinata in un angolo angusto. La leadership ed il lavoro di Pioli hanno ribaltato lo scenario. A dispetto dei pronostici, la Lazio ha 180’ per garantirsi l’accesso in Champions League, da seconda della classe. Garantirsi, non dimostrare di meritare. Lo ha dimostrato già ampiamente questo gruppo di valere la piazza d’argento, frenato nel 2015 soltanto da pochi fattori altri. Eppure è nell’oggi che cammina già il domani. Il raggiungimento della fase a gironi della più lucente manifestazioni per club del Vecchio Continente sarebbe un traguardo prestigioso dal punto di vista del risultato. Ancora di più sarebbe snodo fondamentale per la costruzione di un roster più ricco. Tra quota partecipativa, bonus, sponsor, premi partita ed incassi al botteghino, le casse biancocelesti potrebbero ricevere l’accredito di circa 48 milioni di euro. Un’entrata ingente, che permetterebbe di puntellare l’organico e renderlo più che competitivo dinanzi al doppio impegno settimanale.

MARGINI DI CRESCITA - La sconfitta patita ai supplementari contro la Juventus racconta che i capitolini non son lontani dal colmare il gap, quantomeno nella singola sfida. I bianconeri hanno dimostrato di saper arrivare in fondo in tutte le competizioni in cui hanno partecipato. Questione di forza mentale e solidità difensiva, innanzitutto. Questione di campioni inseriti gradualmente nella tessitura a macchie zebrate. Questione di abitudine al successo e di appetito insaziabile. Mai un contropiede subito, mai un giocatore sorpreso fuori posto. Piuttosto che denigrarlo, l’impianto della Vecchia Signora è da prendere a modello. E Pioli lo ha saggiamente fatto, stupendo e allo stesso tempo proponendo nella giusta occasione un’attenta linea a 3 difensiva, finalmente di un certo spessore qualitativo. Il miglior modo per predire il futuro è inventarlo. La Lazio ha valori tecnici ed umani di primo livello, messi in vetrina già al primo anno. Marchetti, Gentiletti, Lulic, Candreva sono elementi nel pieno della maturità agonistica, pronti a un contributo decisivo alla causa. In più, ha margini di crescita importanti, la rosa laziale è piena di ragazzi poco più che ventenni e già fortissimi. Basta chiedersi quanto potranno crescere i Keita ed i Cataldi, sotto la direzione dell'ex tecnico felsineo. O ancora, su quale picco vorranno assestarsi Felipe Anderson e De Vrij, già giocatori assoluti. L’avvenire la Lazio ce l’ha in casa, intellettualmente disonesto è chi non riesce ad ammetterlo. Interrogativi dolci, ai quali si unirà a breve la curiosità di vedere all’opera altri due giovani rampanti come Hoedt e Morrison.

MANIFESTO OPERAIO – Il 2015 della Lazio entro le mura dell'Olimpico è stato caratterizzato quasi esclusivamente da gioie. Così non è stato ieri notte, anche se per dettagli. Rimane il rammarico di un popolo accorso a sostenere i propri beniamini, che probabilmente meritavano sul campo un differente epilogo. Un popolo che a fine match ha sventolato fiero ed orgoglioso il vessilo dell’Aquila, come non faceva da tempo. Le tensioni di una stagione fa, le insicurezze e gli isterismi sono un ricordo lontano, ma da tener sempre marcato nella mappa della memoria, magari alla voce ‘da evitare’. Ben oltre il risultato, la gente biancoceleste ha avuto occhi per il brillante spirito degli uomini sganciati da Pioli. Se la maglia da gioco indossata è stata l'anteprima di quella che caratterizzerà la prossima annata, l'Aquila stilizzata premeva dal di dentro di ognuno, tatuata sotto pelle. Intensità, al pari della prima della classe, voglia di non arrendersi mai e di non mollare la presa. Una percezione che gonfia il cuore ed il petto del dodicesimo uomo, stipato sugli spalti ma in campo con la voce. Due i portabandiera biancocelesti di tale inclinazione: Marco Parolo e Dusan Basta. Se fossero vissuti nella metà dell’Ottocento, quasi sicuramente Karl Marx avrebbe impresso i loro volti nel celebre Manifesto. Simboli della classe media, giunti al potere grazie alla loro predisposizione all’impegno continuo. Una mole di lavoro notevole, di qualità, d’intelligenza. Non si concedono pause, motorini inesauribili, hanno già ripagato in pieno i rispettivi investimenti. Esempi di una macchina oliata che gira alla meraviglia, modelli inconfondibili di quell’umiltà caparbia che in campo fa la differenza. Del resto, coloro che vogliono essere leader, ma non lo sono, dicono le cose. I bravi leader le spiegano. I leader ancora migliori le dimostrano. I grandi leader le ispirano. A bocca chiusa.